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Installation view: Sara Ravelli, Tamed Love, 2021. Schiavo Zoppelli Gallery, Milano
Potreste parlarmi della mostra, attraverso una serie di aggettivi/immagini, in modo da suggerire e anticipare quello che i nostri lettori scopriranno in galleria?
Federica Schiavo e Chiara Zoppelli: Visitando la mostra Tamed Love (Amore Addomesticato) di Sara Ravelli, ci si muove fra sensazioni tattili, visive ed emozionali: la durezza e, allo stesso tempo, la fragilità della creta cruda vibrano sull’avvolgenza e sul calore del pile; la ruvidità della corda, il freddo metallo sono mitigati dalla morbidezza del panno, o dalla leziosità di un fiocco. Fino a scoprire che fra quei materiali si muovono delle presenze, a volte più evidenti, a volte appena accennate, evocate.
In questo percorso, suggerito dalle tracce di sale lasciate a terra, la tensione tra il bisogno di affettività e il controllo dei legami che ne derivano si scioglie nella dolcezza del racconto.
Innanzitutto, Sara, potresti parlarmi del titolo della mostra Tamed Love, il quale è anche il titolo di una delle due installazioni che troviamo esposte?
Sara Ravelli: Il titolo della mostra richiama un lavoro più ampio che comprende un piccolo libro omonimo che ho scritto collezionando una serie di storie personali e non, fatti scientifici e fatti di cronaca, dove le interazioni fra soggetti umani e animali sono protagoniste. Analizzando nello specifico gli strumenti dell’ addomesticamento, Tamed Love fa riferimento alla dinamica ricorrente per cui alcuni rapporti d’affetto nascondono rapporti di potere e violenza. I costumi per cavalli, il libro e il tendaggio sono tre elementi che nascono dagli stessi pensieri formalizzati in maniere differenti.
A partire dal titolo Tamed Love (Amore Addomesticato), il tuo far riferimento a queste relazioni tra uomo e animale, in cui l’aspetto di cura ne implica anche sempre uno di controllo, può essere in qualche modo letto alla luce della concezione Foucaultiana secondo cui ogni rapporto sociale è anche sempre un rapporto di potere?
S.R.: La ricerca che mi ha portata a Tamed Love è nata pensando ai rapporti tra umano e artefatto. Scoprendo che mi interessava parlare dei rapporti di potere, il punto focale si è spostato sulle relazioni tra umano, artefatto e animale. Tra questi tre soggetti in particolare, le dinamiche di sottomissione e gli strumenti di controllo sono palesi e più interessanti, perché guidati da un presunto affetto. Credo che indagare le relazioni tra umano e non-umano possa essere un modo per decostruire anche i rapporti tra uomo e uomo.
Se dovessi citare un filosofo direi Paul B.Preciado con Amour dans l’anthropocène, un testo che sento molto vicino.
Le due installazioni in mostra si presentano come polimateriche, a partire dall’utilizzo di diversi tessuti ( come nylon, poliestere…) ma anche del sale e della creta cruda. Come si svolge il processo di selezione che successivamente ti porta a scegliere i materiali con cui realizzi le tue opere?
S.R.: Seleziono i materiali in modo tale da assemblarli concettualmente ed emotivamente. Spesso li scelgo per il loro utilizzo funzionale o per l’immaginario stereotipato a cui rimandano. Poi ne ribalto il significato, cercando di creare delle tensioni tra gli elementi formali e tra i materiali stessi. Non commissiono mai il lavoro a terzi, non per una questione autoriale ma perché preferisco sperimentare le tecniche personalmente e in modo intuitivo, cercando di comprenderne i limiti e le possibilità. Questo approccio mi aiuta a capire meglio come i materiali rispondono a fattori esterni: come cadono, come si piegano, come si sporcano o come mutano nel tempo. La materia in questo senso diventa sempre un ingombro e contemporaneamente un elemento evocativo.
La mostra sarà aperta presso la galleria Schiavo Zoppelli di Milano, dal 12 aprile al 15 maggio, per appuntamenti scrivere a info@schiavozoppelli.com