In foto
1. Baptiste Debombourg, Black Tide, 2023
2. Iwata Wataru, Life Is Beautiful, 2018
3. Silvia Bigi, Are You Nobody, Too? 2022
In questa intervista, Gabriela ci racconta come la sua carriera si sia evoluta nel tempo, le sue fonti di ispirazione e il nuovo progetto che ha co-fondato e sta dirigendo, WIZARD LAB, una galleria laboratorio dove la ricerca e l’arte si fondono, invitando gli artisti a esplorare nuove frontiere del pensiero contemporaneo.
Com’è iniziato il tuo percorso? Cosa ti ha ispirato a intraprendere questa strada?
In realtà, il mio percorso non è stato lineare, ma piuttosto naturale, in un certo senso. Dopo alcuni anni di studi in architettura, mi sono resa conto che il mio interesse era rivolto esclusivamente alla teoria. Per questo motivo, ho deciso di cambiare facoltà e studiare storia dell’arte. Già prima della laurea, ho svolto una breve esperienza presso il Museo d’Arte Moderna di Buenos Aires, per poi iniziare a lavorare in una galleria d’arte contemporanea. Allo stesso tempo, ho iniziato a insegnare Metodologia della Ricerca come assistente presso l’Università di Buenos Aires. Da quel momento in poi, la mia carriera si è sempre divisa tra il mercato dell’arte e la ricerca e l’insegnamento accademico, prima a Buenos Aires e successivamente a New York e Milano, come accade ancora oggi. Insegno da molti anni alla NABA di Milano, e anche a Domus Academy e IED di Torino e Milano. In tempi recenti, ho co-fondato la galleria WIZARD LAB, che attualmente dirigo.
Come è cambiato il tuo approccio nel tempo? Ci sono state evoluzioni o momenti particolarmente significativi nel tuo percorso e nella tua ricerca?
Ovviamente, il dottorato (presso l’Università di Plymouth, UK) è stato un’importante espansione. Sentivo la necessità non solo di approfondire determinati temi, ma anche di sviluppare una metodologia con una base concettuale più solida rispetto a quella acquisita con la laurea e le mie ricerche successive. È stato proprio grazie a uno dei miei relatori, Antonio Caronia, che ho potuto approfondire la filosofia e la teoria dei media del postumano. La mia tesi di dottorato, successivamente pubblicata da Postmedia Books in italiano, si è concentrata sulla teoria dell’arte e della tecnologia, con una cornice teorica tratta dalla filosofia continentale e dalla teoria dei media postumanista, in particolare da Katherine Hayles. Dopo il dottorato, ho ampliato i miei studi sugli approcci del postumano al vivente e all’ambiente. È comunque per me interessante notare come temi e autori che avevo affrontato nei primi anni di università, durante i miei studi di storia dell’arte, tornavano spesso nella mia ricerca, nei testi e nelle mostre. Inoltre, il confronto con gli artisti con cui collaboro più da vicino è stato spesso fondamentale per il mio percorso.
In foto
Ritratto Gabriela Galati, foto di Rebekka Fagnani

C’è un successo di cui sei particolarmente orgogliosa? Puoi parlarci del tuo nuovo progetto WIZARD LAB?
Si, WIZARD LAB è un progetto di cui sono particolarmente orgogliosa. La galleria è nata abbastanza naturalmente da una partnership con Federico Luger e suo fratello Riccardo, con cui ha fondato WIZARD GALLERY alcuni anni fa. Conosco Federico da più di 15 anni, siamo amici e sono stata direttrice della sua galleria per diversi anni quando ancora non si chiamava WIZARD.
WIZARD LAB, anche se socia di WIZARD, è una galleria con un roaster di artisti, una mission e una programmazione completamente diversi da WIZARD GALLERY. Il termine “LAB” esplicita il focus degli artisti rappresentati sulla ricerca e su pratiche che si occupano in maniera approfondita da molti anni di ecologia, media e imezzi con cui operano, oltre che sulla storia dell’arte. “LAB” è un termine che fa riferimento simultaneamente al laboratorio come lo studio creativo dell’artista, alla biblioteca come centro di ricerca teorica, e alla torre del mago come laboratorio alchemico, che sono stati storicamente spazi ricchi di sperimentazione immaginaria. Allude anche a un’epoca in cui magia, ricerca artistica e scienza, intesa come studio metodologico del mondo naturale e fisico, non erano così rigidamente separate. Penso che, come gallerista, avere la possibilità di realizzare mostre, partecipare a fiere e, in generale diffondere il lavoro di artisti in cui
credi sia un vero privilegio.
Quali sono gli artisti con cui stai lavorando e com’è nato il rapporto?
Ivana Adaime Makac, Sarah Ciracì, Baptiste Debombourg, Ivan Grubanov e Axel Straschnoy sono artisti con cui collaboro da molti anni e che hanno fatto parte di altri progetti curatoriali o di galleria, alcuni dei quali si sono evoluti o che ho lasciato nel tempo. Il dialogo con loro è sempre proseguito, e, come dicevo, è stato spesso fondamentale anche per la mia ricerca accademica.
Tutti loro, sin dall’inizio delle loro carriere, hanno affrontato temi che all’epoca erano considerati “di nicchia” e che, più recentemente, si sono diffusi su larga scala, fino a diventare quasi di tendenza. Mi riferisco, ad esempio, al postumano, al vivente, all’interesse per l’ambiente, temi che oggi emergono con forza a causa della crisi climatica, della crisi politica globale e delle recenti discussioni sulla tecnologia e l’intelligenza artificiale, solo per citarne alcuni.
Questo vale anche per artiste del roster con cui ho iniziato a collaborare più recentemente, come Silvia Bigi ed Eleonora Roaro, con cui desideravo lavorare da tempo e quindi l’apertura di WIZARD LAB ha rappresentato l’opportunità di avviare questa collaborazione. Lo stesso posso dire di Wataru Iwata, che ho conosciuto durante un workshop che ho tenuto lo scorso anno presso l’Università di Tokyo, di Yolande Harris e di Stefano Cerio, con cui avevo già collaborato in passato. Clarissa Falco, Ivy Chilelli e Andrea Samory sono artisti più giovani, la cui ricerca è perfettamente in linea con quanto appena descritto. Conosco Clarissa dai tempi in cui era studentessa alla NABA e già collaboravamo insieme; mentre con Ivy e Andrea abbiamo avviato la collaborazione proprio con WIZARD LAB.
In foto
1. Clarissa Falco, Digimon, 2024
2. IvY Chilelli, Virgo Rising, 2023
3. Conferenza Our Bio-tech Planet. Future of Plants and Humans, Rome Botanical Garden
4. Axel Straschnoy, The Finnish Astronautical Society, Film, 2020
Come hai avviato la programmazione di WIZARD LAB e quale sarà la prima mostra?
La prima mostra ha inaugurato il 15 gennaio e si è conclusa il 27 febbraio 2025. È stata dedicata all’ultimo artista di cui non ho ancora parlato: Jean-Marie Barotte. Jean-Marie è scomparso nel 2021 e noi rappresentiamo in esclusiva il suo archivio per l’Italia (Fonds Barotte-Madau). Con la sua personale abbiamo inaugurato l’anno, ed è stata anche la prima mostra della galleria, curata da Viviana Gatica.
La prossima mostra inaugurerà il 7 maggio: H for Hybrid, una collettiva dedicata al tema dell’ibrido, in cui presenteremo nuovi lavori di Clarissa Falco, Ivy Chilelli, Andrea Samory e del collettivo inglese C-LAB (Laura Cinti & Howard Boland). Tutto il programma per il 2025-26 è già definito, ma sveleremo i dettagli più avanti.
Come vedi il futuro del mondo dell’arte? Ci sono cambiamenti o tendenze che pensi
influenzeranno il tuo lavoro nei prossimi anni?
Penso che uno dei temi su cui oggi regna maggiore confusione, e soprattutto una profonda ignoranza a livello mainstream, sia l’intelligenza artificiale. Non è certo un argomento nuovo, ma il fatto che sia diventato di tendenza e che esistano strumenti accessibili a tutti, come ChatGPT e Midjourney, senza che quasi nessuno degli utenti (includendo molti artisti e critici d’arte) comprenda davvero come funzionino, mi interessa (e mi preoccupa anche un po’). Affronto già da tempo questo tema in alcune lezioni e keynote, come ad esempio nel workshop menzionato sopra presso l’Università di Tokyo.
Dal punto di vista della pratica artistica, a WIZARD LAB penso Eleonora Roaro e Silvia Bigi, o Wataru Iwata, che lavora più specificamente sulla vita artificiale, abbiano un approccio critico solido. Ho già in mente una direzione da seguire nella mia ricerca sulla quale mi concentrerò nei prossimi due anni.
In foto
Eleonora Roaro, @irmavep_nowhere, IoT scultura, 2023
Sarah Ciracì, Questione di tempo, 1996