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Il team di Rea! Art Fair
Camilla Stecca: ReA Fair è giunta alla sua seconda edizione. Quali saranno le novità rispetto allo scorso anno?
Maryna Rybakova: Siamo contente di essere cresciute tanto durante l’ultimo anno. Tra le novità del 2021 ci sono le collaborazioni con enti importanti, tra cui Fondazione Cariplo, che ci hanno permesso di espandere tutte le attività ed arrivare a un numero maggiore di potenziali visitatori,aumentando così il supporto agli artisti.
Quest’anno ReA! Art Fair farà da satellite alla Design Week, quindi stiamo lavorando per
convincere le persone interessate al design ad esplorare il panorama dell’arte contemporanea emergente. Due mondi che hanno più in comune di quanto sembra.
Ovviamente i 100 artisti indipendenti presenteranno in fiera lavori molto diversi, tra cui progetti interattivi, installazioni sonore e performance dal vivo. Inoltre quest’anno avremo anche la sezione “TALKs” in presenza, con interventi e panel discussion su temi estremamente interessanti. Infine, per la II Edizione, collaboriamo con Artland per la ripresa dell’esposizione in 3D così da permettere la visita virtuale a chi non riuscirà a passare in presenza.
Com’è strutturata la fiera e quali sono i suoi tratti distintivi? Avete come ispirazione un modello fieristico particolare?
Maryna Rybakova: Ci siamo ispirati in primis al modello della Biennale di Venezia delle prime edizioni (quando ancora le opere esposte erano in vendita). Inoltre ci interessava avvicinare gli artisti al mercato dell’arte nella sua versione “pura”, ovvero in un ambiente fieristico: un rito di passaggio davvero importante per chi è alle prime armi.
Uno dei vostri obiettivi principali è quello di far emergere i giovani artisti. In che modo portate avanti questo obiettivo?
Elisabetta Roncati: Oltre ad aver scelto un format fieristico che rappresenta 100 artisti indipendenti senza il tramite di altri soggetti, quali le gallerie, le attività di ReA! non si esauriscono solo nei tre giorni della manifestazione annuale. I creativi vengono poi seguiti passo passo. Ad esempio, per la Giornata Internazionale del Contemporaneo 2020, abbiamo organizzato una vera e propria “maratona” su Zoom in cui i partecipanti della prima edizione di ReA! Fair raccontavano i loro progressi a distanza di due mesi dall’evento. Abbiamo anche dato vita a “ReA! Education and Consulting”, un dipartimento dell’associazione con il quale offriamo consulenze e soprattutto proponiamo corsi a prezzi calmierati per aiutare i giovani artisti emergenti ad entrare nel mercato. Non dimentichiamoci poi i premi che vengono assegnati durante la fiera. Alcuni sono in denaro, altri consentono attività espositive come “Routes”, la collettiva appena conclusasi a Scalo Lambrate che ha visto riuniti 10 artisti della ReA! Fair 2020.
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Alessandro di Massimo, Reciting Italy's National Anthem While Standing On My Head, 2020. Courtesy of the artist and ReA! Art Fair
Gli artisti partecipanti vengono scelti dal vostro collettivo curatoriale a partire da un Open Call che viene lanciata sul vostro sito. Quali sono i criteri a cui vi appellate per la loro selezione?
Maria Myasnikova: Non direi che ci siano dei criteri specifici da rispettare per essere selezionati, a parte essere un artista emergente. A questo punto mi domanderete: “Chi è considerato un artista emergente?” Un artista emergente è un creativo agli inizi della sua carriera. Chi è in grado di attingere ad un ampio corpus di opere o ha ricevuto un riconoscimento duraturo, su scala più ampia, non può essere considerato emergente. La selezione degli artisti pronti a mostrare le proprie opere è spesso impegnativa. Come ho detto prima non c’è una lista di caratteristiche alle quali le opere d’arte si devono attenere. Si tratta di capire se ciò che l’artista sta cercando di dire può essere percepito, se si può esprimere visivamente il proprio concetto senza spiegarlo verbalmente. Esortiamo gli artisti a inviare il loro portfolio, insieme alle richiesta di partecipazione alla manifestazione, poiché ci aiuta a prendere una corretta decisione sul fatto che il corpus di lavori sia in un punto in cui può essere mostrato o meno. Inoltre chiediamo anche l’artist statement: una serie non troppo lunga di frasi che descrivono cosa fai e perché lo fai.
Potremmo definirlo una sorta di alterego scritto dell’artista che spiega al pubblico il suo lavoro.Certo non è semplice redigerlo, ma è molto utile.
Aiuta ad acquisire una comprensione più profonda della propria arte, a sentirsi più connesso a quella specifica tipologia creativa e, in definitiva, a valorizzarla. Tutti questi elementi possono fare andare a buon fine o cassare del tutto una richiesta di partecipazione alla manifestazione. Di contro però aiutano gli artisti a spiegare a parole la propria pratica, rendendoli consci di cosa stiano facendo e del perché il proprio lavoro sia fantastico ed originale.