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PREVIEW: Di amici, di uomini e di Pontormo di Corrado Levi | RIBOT Gallery

Attraverso una presentazione generale a cura di galleriste, curatori e direttrici di spazi dell’arte e approfondimenti con le parole delle artiste e degli artisti protagonisti di alcune mostre da noi selezionate, PREVIEW vi guiderà in una serie di tour immaginari nelle gallerie milanesi.

In questo nuovo appuntamento abbiamo parlato con la gallerista Monica Bottani e l’artista Corrado Levi in occasione dell’apertura della nuova mostra Di Amici, di Uomini e di Pontormo (dal 19 maggio al 17 luglio 2021).

In foto

Corrado Levi, "Di amici, di uomini e di Pontormo", 2021. Installation view @RIBOT Gallery

Potreste parlarmi della mostra, attraverso una serie di aggettivi/immagini, in modo da suggerire e anticipare quello che i nostri lettori scopriranno in galleria?

Monica Bottani: La mostra presenta una selezione di opere, tutte degli anni Ottanta, quasi tutte inedite e costruita intorno alla tematica del corpo, inteso dall’artista come luogo privilegiato delle esperienze, a volte raffigurato in modo evidente, classico o diretto, altre volte evocato attraverso allusioni e rimandi.

Al piano superiore due grandi tele: Tracce di nudo (1982) e Serie Autunno (1982) dove il corpo di alcuni amici, amori e compagni di vita, sono tradotti in segni veloci e aggrovigliati, gesti rapidi dai colori vivaci. A completare l’esposizione al piano, due opere ispirate alla figura di Jacopo da Pontormo; da una parte l’opera “Undici volte col Pontormo” (1982) e di fronte, come sospeso in cielo, la sagoma dello stesso uomo del Pontormo in una versione di legno al cui piede è ancorato uno specchietto retrovisore di auto e intitolata “Ce l’ho in un piede ”(1987).

Scendendo al piano sotto si incontra per primo una versione più piccola del “Pontormo in bronzo”, anello di congiunzione tra il piano superiore e quello inferiore che introduce in un’atmosfera più densa e primordiale. Le opere “Radio Amico”! 1986) e “Uomini di Corrado Levi” infatti riproducono una sensualità più ammiccante e spudorata. L’esposizione si conclude con una grande tela appesa come stendardo e dipinta con lo spray, con una tecnica vicina al graffitismo, corrente che l’artista ha potuto vivere direttamente negli anni di frequentazione dell’East Village di New York.

Come si evince dal titolo della mostra e dalle opere esposte “Undici volte col Pontormo” e “Ce l’ho in un piede” la figura di Pontormo, talento precoce ma successivamente incompreso durante il periodo di maturità, è stata di forte ispirazione per la tua produzione artistica (in particolare durante il corso degli anni ‘80). Potresti illustrare la natura del tuo legame con il pittore?

Corrado Levi: C’è chi afferma che ciò che lega la mia figura con quella del Pontormo sia una certa irrequietezza di vivere e di pensiero, affermazione che però non sento di poter condividere pienamente. Pontormo è innanzitutto uno degli artisti che amo di più, a partire dalla “Deposizione di Santa Felicita”, e grazie al quale incredibilmente ottenni il conferimento della cattedra di composizione architettonica al Politecnico di Milano da parte di Paolo Portoghesi, che si rivelò affascinato dalla mia lettura del “Diario” di Pontormo durante un’occupazione studentesca sessantottina. Quando, in giovane età, vidi il il disegno protagonista di “Undici volte col Pontormo” alla galleria degli Uffizi, questo si impresse in me irrimediabilmente e, durante gli anni di piombo, mi ritrovai più e più volte a ridisegnarlo, basandomi sulla figura impressa nel ricordo della mia mente, attraverso una serie di piccoli tocchi di matita, come immerso in una sorta di raptus ipnotico attraverso cui ripercorrevo ed esploravo il corpo rappresentato. In quest’opera troviamo la mia riproduzione di quel disegno moltiplicata undici volte, ed ogni copia risulta diversificata da un colpo di colore, ogni volta diverso, che ne vela il sesso.

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1. Corrado Levi, "Di amici, di uomini e di Pontormo", 2021. Installation view @RIBOT Gallery

3. Corrado Levi, Uomini di Corrado Levi, 1985_2020, stampa a pigmenti su carta canson platine montata su alluminio, 75x50cm, 5 esemplari 2AP

Da dove nasce l’esigenza di esporre oggi tele realizzate quarant’anni fa. Sentiresti di affermare che in qualche modo le vicende di quegli anni abbiamo influenzato la produzione di queste opere?

C.L.: Questa mostra presso la galleria Ribot si pone inevitabilmente in continuità con quella che realizzammo nel 2017, la quale funge un po’ come da flashback per questa nuova esposizione.
Insieme a Monica abbiamo deciso di riaprire questa parentesi degli anni ‘80, selezionando alcuni miei lavori che non vedevano la luce da alcuni anni, insieme ad altri inediti che invece non erano mai stati esposti prima, dando così al pubblico la possibilità di poterne fruire.
Si tratta di lavori fortemente diversi tra di loro, perché diversi sono i contesti in cui sono stati realizzati ( cito ad esempio La Spezia e New York), ma tra i quali è possibile cogliere una certa coerenza e continuità, e per questo abbiamo deciso di farli di nuovo, o finalmente, emergere dal mio archivio.
Una connessione ulteriormente riscontrabile tra il periodo in cui queste opere sono state prodotte e lo strano periodo che stiamo vivendo è che negli anni ‘80, per motivi di diversa natura ma proprio come ora, vivevamo la maggior parte del nostro tempo chiusi in casa, impauriti.

La centralità del corpo è una caratteristica ricorrente della tua produzione artistica, il quale appare nelle tele esposte come evocato nella sua assenza, e dunque paradossalmente invisibile. Da dove nasce questa urgenza di raffigurare – e conseguentemente esplorare – il corpo maschile, e, oggetto della tua attività pittorica è sempre un corpo altro oppure si tratta anche di un modo per entrare in contatto con la fisicità del tuo stesso corpo?

C.L.: Il corpo, in particolare il corpo degli altri, è qualcosa che mi ha sempre interessato, e che si è radicato in me come una sorta di ossessione, la quale, come suggerisce anche il titolo della mostra, ha avuto come oggetto principale il corpo delle persone da me frequentate quotidianamente, come gli amici dell’epoca, ma anche questa figura nuda protagonista di un ciclo di affreschi del Pontormo.
Ho realizzato “Tracce di nudo” e “Serie Autunno” letteralmente posizionando i corpi di alcuni amici sulla tela, ripercorrendone successivamente le sagome con il pennello, attraverso la realizzazione di un segno astratto che ha però come punto di partenza la fisicità di persone a me intime.
In “Undici volte col Pontormo” invece, risulta evidente la mia ossessione per questa figura distesa del Pontormo, che però sono andato a personalizzare con questi tocchi di colore, arrivando a fare accenno ad un aspetto che definirei “sensuale e sessuale”.
Avendo inoltre preso attivamente parte attivamente ai primi movimenti di emancipazione dei diritti omosessuali, fu in qualche modo inevitabile che anche il tema della libertà del corpo divenisse a me caro.

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In foto

1. Corrado Levi, "Di amici, di uomini e di Pontormo", 2021. Installation view @RIBOT Gallery

2. Corrado Levi, Serie Autunno, 1982, acrilici su tela, 210x250cm

3. Corrado Levi, Ce l'ho in un piede, 1987-2021, legno e specchietto retrovisore, cm100x60x15, ed 5 esemplari in 5 varianti 2AP, 1