CONDOMINIO presenta un ciclo di tre mostre pop-up della durata di una settimana, dal titolo Twin Spark, ospitate all’interno dello spazio di Melchiorre Gioia nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2023.
A cura di Giulia Restifo e Alessandro Calabrese, le tre collettive vedono la partecipazione di dodici artiste e artisti, che spesso hanno condiviso lo stesso percorso di studi e che tuttora collaborano tra loro, appartenenti a tre studi d’artista ubicati tra via Teocrito 50 e via privata Luigi Cirenei 10.
Dal 16 al 22 ottobre, in mostra presso CONDOMINIO: Francesca Brugola, Marta Ferro, Nicola Rossini e Hossein Qayyoomi Bidhendi. Dal 13 al 19 novembre, presentano i propri lavori Anca Adina Bettega, Matteo Capriotti, Caterina Dondi e Francesca Rossi. Dall’11 al 17 dicembre, concludono il ciclo Ascanio Ciardulli, Roberto Rup Paolini, Caterina Ruysch Voltolini e Maria Giovanna Zanella.
Gli ambiti indagati sono molteplici: dall’installazione site specific alla fotografia, dalla scultura al disegno, dal video alla pittura. L’intenzione di questa collaborazione è quella di offrire uno sguardo sulle pratiche di artiste ed artisti emergenti che svolgono la loro ricerca all’interno della città di Milano e che stanno muovendo, o hanno da poco mosso, i primi passi nel sistema dell’arte contemporanea.
Twin Spark è realizzato da CONDOMINIO in collaborazione con That’s Contemporary per la comunicazione e con presspoint.it per la stampa dei poster d’artista.
TWIN SPARK
c/o CONDOMINIO
a cura di Giulia Restifo e Alessandro Calabrese
16-22 ottobre 2023
Opening 16 novembre h. 18-21
Francesca Brugola
Marta Ferro
Nicola Rossini
Hossein Qayyoomi Bidhendi
11-17 dicembre 2023
Opening 11 dicembre h. 18-21
Ascanio Ciardulli
Roberto Rup Paolini
Caterina Ruysch Voltolini
Maria Giovanna Zanella
Tutte le mostre sono visitabili su appuntamento tutti i giorni, escluso i weekend, dalle 15 alle 19.
info@condominioarte.xyz
via Melchiorre Gioia, 41 – Milano
Casa degli Artisti in collaborazione con Progetto Ludovico, Non Riservato e That’s Contemporary presenta il progetto di residenza “Per Ogni Ora…” di Sergio Limonta, vincitore del primo bando pubblico STUDIO PRODUZIONE.
STUDIO PRODUZIONE nasce dal desiderio condiviso dalla rete dei partner di supportare la produzione di nuove opere d’arte sul territorio milanese, valorizzando i percorsi di ricerca che utilizzano lavorazioni, materiali o approcci industriali.
La ricerca artistica di Sergio Limonta, scelto dal comitato di selezione composto da Rossana Ciocca, Rossella Farinotti, Lorenzo Perini-Natali, Giulia Restifo con Casa degli Artisti, si concentra da molti anni intorno ai materiali industriali e alle loro invisibili connessioni con l’ambiente, ponendo particolarmente attenzione alla loro relazione con la società produttiva e utilizzando la luce nella sua eccezione di non colore ma di gradi temperatura. La ricerca artistica di Limonta si interessa alla vita dei materiali anche quando esausti: l’artista, infatti, nelle sue opere vuole far emergere lo straordinario dell’ordinario che circonda l’umano nella sua quotidianità.
Le opere di Sergio Limonta si esplicitano nell’evidenza grazie a comuni dispositivi conosciuti o riconoscibili provenienti dal nostro contesto produttivo e sociale. Che siano essi scaffali, lampade, bidoni o neon per l’artista è la loro stessa esistenza o resistenza che costruisce la tensione e il dialogo tra il loro e il nostro tempo.
Qui di seguito il programma della residenza.
OPENING + MEETING ROOM
Il 18 settembre Sergio Limonta presso Casa degli Artisti aprirà le porte del suo studio presentando le opere prodotte in residenza, un’opera inedita e due prodotte per l’occasione. Un testo critico di Annika Pettini accompagnerà la visita.
Sarà inoltre organizzata una Meeting Room, momento di confronto collettivo che, a partire dal lavoro prodotto, indagherà i legami e le connessioni invisibili tra arte fabbrica ed impresa.
Oltre al comitato di selezione, durante la meeting room saranno presenti gli artisti finalisti del bando di STUDIO PRODUZIONE Federico Cantale e Margherita Morgantin e gli imprenditori Paolo Garavaglia (direttore comunicazione Trenord), Massimo Giovanardi (amministratore delegato di Giovanardi Spa) e Bruno Paneghini (Presidente e A.D. Reti Spa Societa’ Benefit).
PUBLIC PROGRAM
Il 24 settembre Sergio Limonta presso lo studio di via Buschi in zona lambrate accoglierà il pubblico con un dispositivo oggettuale col quale chi vorrà esserci potrà interagire portando ed includendo objet trouvé, per costituire un’opera collettiva.
STUDIO PRODUZIONE
“Per ogni ora..” di Sergio Limonta
Casa degli Artisti, Corso Garibaldi 89/A via Tommaso da Cazzaniga
1 settembre: Ingresso in residenza
18 settembre ore 18.00 : Opening + Meeting Room. Incontro aperto fino ad esaurimento posti. Prenotazioni: info@casadegliartisti.org
Al via la seconda edizione del Festival di cultura contemporanea Volcanic Attitude dal 26 giugno al 2 luglio 2023 con partenza da Napoli per le Isole Eolie.
Un programma immersivo “in itinere” tra arte contemporanea e scienza che riconferma la straordinaria capacità di fascinazione, esplorazione e riscoperta dei vulcani di cui la penisola italiana è costellata. Più vulcani che isole, descrive bene Fosco Maraini.
Il Festival Volcanic Attitude nasce dalla volontà del collettivo artistico Cose Cosmiche e delle imprese sociali Centro Itard Lombardia e THAT’S CONTEMPORARY di creare un piattaforma culturale che metta in dialogo artisti e scienziati nell’esplorazione dei territori vulcanici, del Vesuvio a Napoli, di Vulcano alle Isole Eolie e dei vulcani emersi e sommersi dell’arcipelago eoliano.
In questo attraversamento del paesaggio mediterraneo di terra e di orizzonti marini durante il Festival, che alla sua seconda edizione consolida la main partnership con la Caronte&Tourist Isole Minori Spa e il patrocinio del Comune di Lipari; il dialogo tra arte e scienza diventa attrattore d’interesse e di riscoperta sostenibile di luoghi consumati da brand turistici, ma che ancora parlano di forze potenti della natura non predittibili e domabili dall’uomo, di ere arcaiche disegnate nell’orografia che il nostro sguardo continua a scoprire e di straordinarie innovazioni tecnologiche che sfruttano le particelle cosmiche invisibili agli occhi come rilevatori delle profondità delle sacche magmatiche.
L’inaspettata meraviglia è il leitmotiv di questa edizione, la capacità di immaginare il reale oltre la sua evidenza, così come per vie parallele fanno le ricerche scientifiche e quelle artistiche.
LE PROTAGONISTE E I PROTAGONISTI DI VOLCANIC ATTITUDE 2023 Riccardo Arena – Artista | Francesco Careri, ROMATRE – Professore Associato Dipartimento di Architettura Roma Tre | Vitaliano Ciulli, UNIFI – Professore Associato, Settore Scientifico Disciplinare FIS/04 Fisica Nucleare e Subnucleare | Luigi Cimmino, UNINA – Ricercatore di fisica sperimentale, Università Federico II Napoli | Luca Cutrufelli – Artista | Sandro De Vita, INGV – Primo Ricercatore, Sezione di Napoli – Osservatorio Vesuviano | Flora Giudicepietro, INGV – Primo Ricercatore, Sezione di Napoli – Osservatorio Vesuviano | Gianmaria Lenti – Antropologo PhD in Social Anthropology presso ENAH, Mexico City (Messico), e ricercatore presso La Trobe University, Melbourne (Australia) | Pietro Lo Cascio – Naturalista | Bernando López Marín – Antropologo PhD in Anthropology presso La Trobe University, Melbourne (Australia) | Giovanni Macedonio, INGV – Dirigente di ricerca, Sezione di Napoli – Osservatorio Vesuviano | Ignazio Mortellaro – Artista | Matteo Nasini – Artista | Benedetta Panisson – Artista | Alberto Pepe – Astrofisico e fondatore di AUTHOREA | Monia Procesi, INGV – Ricercatrice, Sezione Roma1 – Sismologia e Tettonofisica | Filippo Romano – Documentarista e fotografo | Nino Saltalamacchia – Presidente Centro Studi Eoliano | The 181 – Collettivo artistico (Brandon Boan, Abby Donovan, Tom Hughes, Jason Rhodes) | Sophie Usunier – Artista
In occasione della tappa partenopea della residenza artistica itinerante Grand Tour en Italie, a cura di Susanna Ravelli e Michela Eremita, di cui Simona Da Pozzo è una delle artiste in residenza, pubblichiamo la conversazione sul Corpo di Napoli tra l’artista e il critico d’arte Pietro Gaglianò.
Grand Tour en Italie, programma itinerante di residenza d’artista, che si propone di promuovere l’arte italiana attraverso la costruzione di relazioni favorevoli all’incontro tra artisti e curatori, operatori culturali e centri d’arte, approda a Napoli, in collaborazione con SuperOtium. Le protagoniste della residenza a Napoli, tutta al femminile, sono: Simona Da Pozzo, Tiziana Pers, Isabella Pers, Stefaniza Mazzola. Al gruppo si aggiungono le artiste in visita: Maura Banfo e Concetta Modica, che ritornano in viaggio, dopo l’esperienza palermitana.
Simona Da Pozzo, Jus Solis Action – Atlas dei Corpi. Mirror and action curated by Marco Izzolino, Autumn equinox 2019
Pietro Gaglianò: I monumenti storici nello spazio delle città contemporanee vivono un destino ambiguo. A volte sono vittime di una consunzione dovuta a troppi sguardi depositati su di loro, a troppe fotografie di pessima qualità, a una celebrità che ha svuotato la loro forma lasciando solo la superficie. Altri monumenti, quelli più negletti, meno celebri, invece continuano una vita nascosta silente. E’ il caso del Corpo di Napoli e anche dell’effigie della Mosa a Rotterdam, entrambi perfettamente immersi nel proprio mondo ma anche estranei, remoti. La mia domanda, al cospetto di questi monumenti, è sempre la stessa. Che lingua parlano? In che idioma? Per essere ascoltati da chi? E chi è in grado di ascoltarli?
Simona Da Pozzo: Quel che mi ha fatto avvicinare al Corpo di Napoli è l’impressione che la sua voce non sia monolitica. Questo Corpo di Napoli sembra essere plurale, multidimensionale, multispecie, multigenere, multicorpo. Oppure: è per questo suo modo di apparirmi che è nata la nostra relazione amorosa aperta all’imprevisto. Il dialogo che il suo corpo-pre-restauro ha instaurato con Napoli, ha portato gli abitanti ad onorarlo come Partenope: donna-pesce, donna-uccello, corpo dalle cui spoglie è nata la città, Corpo di Napoli appunto. Poi è stato identificato nel XVII sec. come Fiume Nilo e restaurato/implementato di conseguenza in stile “uomo bianco barbuto”. Per questo mi rivolgo al Corpo di Napoli al plurale, parlo di Loro, ascolto entrambe le visioni: sia quella storica conservativa che quella immaginifico proiettiva dei racconti brulicanti tra le strade. E fin qui, ad ascoltare sono io e a parlare sono altri umani. Come di umana forma sono il Cuorpo e Napule e il Sebeto che, nella raccolta che ho trovato all’archivio de La Società Napoletana di Storia Patria, dialogano sulla costituzione in via di redazione all’epoca, nei primi episodi in Napoletano e poi nell’ ”italiano studiato in toscana”.
Ma la pluralità del Corpo di Napoli sta nel loro potenziale di farsi portatori di visioni e narrazioni alternative che non trovano piedistalli. La voce che sento/ voglio sentire traboccare dal monumento va oltre a questi corpi- allegorie: emergono corpi fluviali ed inondazioni prolifiche, animali non umani, umani non adulti, adulti con protesi, vegetali tra le pieghe della pietra. La loro voce non articola una lingua ma incarna un panorama sonoro che invita a decentrare l’umanità dal piedistallo che si è creata. La connessione del Nilo con il Maas, il fiume che attraversa Rotterdam, è ciò che mi ha permesso di attivare una cassa di risonanza per la voce del Corpo fluviale: suoni dell’acqua, uccelli, anfibi, insetti. Mammiferi pochi.
Simona Da Pozzo, Sunrise Gods’call. Installation view at Palazzo Fondi, Naples – two channel installation on 70’ monitors, 52’09” loop, color, 4 channel audio, work realized thanks to nctm e l’arte. Ph. Ilaria Toralbo
PG: La dimensione ontologica in cui abita il tuo monumento (possiamo legittimamente definirlo “tuo”, sia perché ogni monumento pubblico appartiene a chiunque lo osservi sia per via del dialogo serrato, esclusivo e intimo che hai intrecciato con lui) è quindi una dimensione plurale e anche trasversale, rispetto ai domini della vita biologica, a quelli del genere e anche, fortemente, a quelli della spiritualità, o religiosità, o forse solo del rapporto che le persone coltivano con il non visibile. Questa soggettività polimorfa male si adatta alla cultura contemporanea, sempre più incline alla definitezza delle identità (talvolta anche in modo paradossale rispetto alle intenzioni di emancipazione), mentre trovo che risponda a una saggezza più antica, attenta al magico senza per questo cedere all’rrazionale, inclusiva in senso letterale senza essere irenista e, soprattutto, aliena alla frontalità di certe costruzioni intellettuali (come oriente-occidente, maschio-femmina, etc.…). Il Corpo di Napoli è trasversale anche al tempo, come tu metti bene in evidenza, e allo spazio geografico (e questo lo capiamo in un modo ancora più forte proprio grazie al tuo lavoro, abituati come siamo a percepire immagini e identità come elementi radicati, inamovibili). La domanda che emerge riguarda allora la possibilità di questo corpo plurimo di essere un segno contemporaneo. In che modo, e soprattutto perché, un’artista si rivolge a un marmo antico, arcaico e stratificato, rivestito di decine di interpretazioni, sguardi, fraintendimenti?
SDP: La questione del tempo è cruciale in questa ricerca. Un tempo lungo, lento, né lineare né irreversibile: ogni attimo è contemporaneo all’altro. Un tempo quasi geografico. Come Napoli. La stratificazione non solo come cumulazione successiva di livelli ma come coesistenza nel presente di tutti i possibili “ora”. Coesistono quindi, sullo stesso livello, il segno antico e il segno/azione che quotidianamente aleggia intorno al marmo. Tra questi segni, il mio lavorìo segue i paradigmi del digitale: quello del meme, dell’hacking, del creare connessioni ipertestuali, “ipericoniche”, potenzialmente infinite. Una pratica connettiva orientata ad osservare una economia dello sguardo, della materia; una pratica che tenta di distanziarsi dal caput/testa del capitale, quella che conta i capi dei bovini e li marchia a fuoco. E qui torna quel che chiami magico, che ha in effetti a che fare con l’oltreumano: mi interessa rendere visibile quanto il nostro concetto di umano, e quindi di non-umano, è un limite cognitivo che rende la nostra specie ingiustificatamente violenta. Forse per riuscire ad immaginare un futuro, abbiamo bisogno di recuperare una saggezza più antica che ci insegni a rispettare le entità altre: corpi dei fiumi, l’humus della terra, il silenzio degli oceani, la rete delle radici, non ché le altre persone non umane.
Simona Da Pozzo, Notes about a polymerous affair with the Bodies of Naples. Video and printed videography, video 7’ 1920 x 1080, color, stereo + headphones + grey painting + yellow cable + videography printed on 120 gr paper, 21 x 150 cm
PG: A caratterizzare il dibattito dell’ultimo mezzo secolo c’è la questione su come la critica estetica possa dialogare con la critica sociale, sulla declinazione politica dell’arte, sul rapporto tra segni dell’arte e strategie dell’attivismo. Il tuo lavoro, per il modo in cui si immerge nella vita delle persone, nei loro spazi, per le questioni che mette sul tavolo (il concetto stesso di monumento non può essere trattato se non politicamente), per gli stessi termini e riferimenti che vi ricorrono, si connota per un atteggiamento che potremmo definire impegnato, se questo termine non fosse ormai logoro. Come si colloca il lavoro sul Corpo in questa prospettiva? E che tipo di preoccupazione hai rispetto al modo in cui un pubblico non interno possa leggerlo? Come studioso e come spettatore sento il bisogno di vedere il Corpo, finalmente restituito, grazie alla tua attenzione, alla sua complessità tridimensionale e trasversale, immergersi di nuovo nell’ambiente non protetto dal quale proviene. Quali sono quindi gli spazi per l’arte? E per il suo incontro con uno sguardo non informato?
SDP: Mi interessa la dinamica di fondo per cui la dimensione estetica e quella “mistica”; la scientifica e quella politica, condividono un procedere che genera, o riproduce, visioni del mondo. In questo senso, questi sono per me piani inestricabili. Nei miei lavori, tento di preservare questa moltitudine di piani mentre cerco di dialogare con un pubblico eterogeneo, per interessi, provenienza ed orizzonte. Il “mondo dell’arte” è quindi solo uno dei miei referenti. Mi rivolgo innanzi a tutto ai passanti, alle persone che quel giorno rischiano di inciampare nel mio dispositivo. Alcuni di questi avranno dimestichezza con i linguaggi dell’arte, altri incarneranno i linguaggi del mio “opponente politico”, altri si destreggeranno tra livelli della realtà che non posso immaginare. E’ per questo che la mia ricerca, e in particolare quella sul Corpo di Napoli, si manifestano con molteplici facce, o porte d’accesso, di un unico processo, organico ed adattivo. Il contesto di fruizione, essendo quello dello spazio pubblico, è fondamentale sia in una prospettiva estetica che politica: diventa parte integrante dell’opera o dei segni necessari a leggerla. Lo spazio pubblico, inteso come luogo accessibile da chiunque senza restrizioni di tempo, è la dimensione e l’oggetto onnipresente della mia ricerca, che qui a Napoli non ha potuto far altro che riassettarsi su modalità e strutture specifiche che, a mio avviso, sono di interesse non localistico: credo che il modo di agire lo spazio pubblico in questa città possa essere un modello, o forse un grimaldello, per decolonizzare altri luoghi. Ora con la ricerca sul Corpo di Napoli mi trovo ad un punto per me particolarmente rilevante: maturata una conoscenza specifica a questo monumento, posso iniziare a coinvolgere persone, comunità ed istituzioni in uno scambio di prospettive orizzontale, tentano di evadere gerarchie (intellettuali, politiche, economiche). Chi e come coinvolgere queste persone, comunità e istituzioni genera diversi tipi di sintonie e contrasti che conducono a compromessi. E qui la cosa si fa interessante se si legge il compromesso come risultato di un dialogo e come segno dell’operare nel mondo. Mi preparo ai compromessi facili da amare, perché visionari, e a quelli detestabili perché segnano sconfitte nel rapporto con chi esercita forme di potere. Comunque, anche quelli detestabili, o semplicemente infelici, sono segni interessanti perché rendono visibili i meccanismi di potere mascherati da cultura. I miei dispositivi tentano di essere accoglienti e fastidiosi allo stesso tempo, per dialogare con la curiosità del fruitore, nonostante le nostre similitudini e differenze d’orizzonte. Quindi, anche se il processo vive del desiderio di farsi antenna di un certo tipo di attitudine al mondo, nella realtà dei fatti mi rallegro già di riuscire attivare dinamiche di reciproco ascolto, soprattutto con chi la vede in modo diverso da me. L’ascolto di per sé è una esperienza estetica e politica necessaria a includere il prossimo nel proprio orizzonte di sensibilità.
Sul volo di ritorno da Palermo ripenso all’esperienza da poco conclusasi della prima edizione di RelAzioni a Catena, rassegna biennale organizzata a Palermo da Rp4art in collaborazione con Io Compro Siciliano. Cuore dell’esperienza la mostra ‘Materia Dorata‘ a cura di Rosa Cascone che ha visto coinvolti gli artisti Stella Laurenzi, Alice Ronchi, Alessandro Sambini, Adonai Sebhatu, Alessandro Silvestri attraverso un programma di residenza tenutosi la scorsa estate a Lipari insieme alle artiste palermitane Sabrina Annaloro, Loredana Grassoe Sofia Melluso.
La mostra, come il titolo suggerisce, esplora il rapporto dinamico tra la materia, a cui tutti noi siamo indissolubilmente legati, e la spiritualità, il cui colore simbolico é il dorato; é un omaggio alla magia e un invito a inserirne un pizzico nelle proprie vite. (La mostra sarà visibitabile fino al 4 Novembre nelle due sedi della Cappella dell’Incoronazione e l’Oratorio dei Bianchi)
La rassegna é stata occasione anche per presentare agli ospiti provenienti da Dubai, Los Angeles, Milano e tante altre mete le novità a cui Sara Zambon e Andrea Raimondi, rispettivamente CEO e co-founder di R&P Contemporary Art hanno lavorato negli ultimi mesi. Abbiamo approfondito il tema con Sara.
Giulia Restifo:Prima di parlare di futuro, ci racconti come é nata Rp4art e qual è la visione che ha unito te ed Andrea, e le persone che poi si sono a voi relazionate?
Sara Zambon: R&P Contemporary Art nasce in seguito ad un progetto che all’inizio dello scorso 2021 ha visto collaborare me ed Andrea a Dubai assieme a suoi clienti che desideravano accogliere artisti emergenti italiani nella loro sede aziendale. Già durante il progetto stesso io e Andrea (che oltre ad essere un commercialista specializzato in fiscalità internazionale e international business developer da oltre 20 anni è anche appassionato d’arte contemporanea da sempre) abbiamo sviluppato l’idea di un progetto comune innovativo.
GR: Nasce così quella che, da lì a qualche mese, sarebbe diventata R&P Contemporary Art, una società Benefit con lo scopo di promuovere gli artisti contemporanei per portare la bellezza nel mondo, unendo in perfetta armonica sinergia artisti, collezionisti ed imprese. Durante la cena di chiusura avete annunciato una grande novità. Un fondo per giovani artisti lanciato entro l’anno della capacità di 50M USD. Ci racconti di piu?
SZ:Next Hash Group, title sponsor di Relazioni a Catena by Next Hash, è una realtà molto attenta all’arte e molto sensibile alle opportunità che possono essere create per gli artisti contemporanei. Dopo oltre nove mesi di confronti nasce così l’idea di creare un fondo che metterà a disposizione in esclusiva a R&P Contemporary Art 50M USD da destinarsi all’acquisto di opere d’arte contemporanea. Il fondo avrà carattere internazionale e raccoglierà capitali da investitori di tutto il mondo.
GR: Da quali professionisti e professioniste vi farete accompagnare durante il viaggio?
SZ: Noi amiamo collaborare e condividere esperienze, competenze e obiettivi con quanti più professionisti possibili che accolgano lo spirito della nostra realtà. In particolare, abbiamo recentemente dato vita ad un comitato scientifico, i cui membri avranno il compito di aiutarci nella selezione degli artisti, dei curatori, dei progetti artistici e quanto più potranno e vorranno condividere con noi.
Presidente del comitato sarà il prof. Leonardo Caffo, filosofo, scrittore, curatore editoriale ed opinionista italiano. Responsabile per il fashion studies e art direction sarà la dott.ssa Chiara Franchi, scrittrice e co fondatrice di “HCE Luxury”. Responsabile editoria e progetti speciali sarà il dott. Gianluigi Ricuperati scrittore, curatore e fondatore di “Institute for Production of Wonder”. Responsabile per il Design saranno i Parasite 2.0, agenzia di design e ricerca con sede a Milano e Londra. Responsabile per l’Arte sarà la dott.ssa Maria Vittoria Baravelli curatrice d’arte e fotografia, Art Sharer e membro del Consiglio di Amministrazione del Museo MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna.
GR: Le novità non sono finite: Rp4art ha anche previsto di dare una casa alle opere acquisite. E non sarà una sede sola ma un museo diffuso. È corretto?
SZ: Sì. Nel corso del 2023/2024 nascerà R&P Contemporary Art Museum, museo di arte contemporanea che avrà sedi diffuse nel mondo e accoglierà tutte (ma non solo) le opere d’arte acquistate del Fondo d’investimento. L’accordo prevede che l’R&P Contemporary Art Museum abbia almeno una sede in ognuno dei 5 continenti.
Durante la serata, tra le altre incredibili novità é stata anche annunciata l’acquisizione da parte del Museo del Parco di Portofino di Daniele Crippa di un’opera che l’artista Adonai Sebhatu ha realizzato per la mostra ‘Materia Dorata’ grazie all’esperienza vissuta durante la residenza a Lipari nell’estate 2021.
La sottoscritta e la redazione di That’s Contemporary augurano un buon lavoro ad Adonai e a tutti gli artisti che entreranno nel fantastico team di Rp4Art!