Da Venezia al Metaverso, Cookie Cookie 2.0: pratiche digitali e web-based performance

(for the english version of the article, see below)

Le sperimentazioni artistiche del contemporaneo tendono verso nuove frontiere e CryptoZR: COOKIE COOKIE 2.0, inaugurata al Padiglione Lamerini in occasione della 59. Esposizione Internazionale d’Arte, ce ne da dimostrazione. La mostra, personale dell’artista CryptoZR (Liu Jiaying), riflette la logica imperante delle nuove tecnologie e indaga le tecnologie dei big-data e della blockchain quali linguaggi innovativi, valorizzando il potenziale di approcci intermediati e decentralizzati del sistema dell’arte.

Durante l’anteprima della Biennale abbiamo visitato la mostra, evoluzione di COOKIE COOKIE, presentata al Guardian Art Center di Pechino nel 2021, e curata da Li Zhenuha, da tempo interessato al tema della rivoluzione digitale, che gli è valso alcuni riconoscimenti come il premio Curator of the Year da parte di Art Power 100 nel 2014 e di TANC Asia Prizenel 2015, oltre a collaborazioni con il Barbican Center e Art Basel-Hong Kong.

Giulia Restifo, direttrice di THAT’S CONTEMPORARY, ha incontrato il curatore Li Zhenuha.

 

CryptoZR, COOKIE COOKIE 2.0, installation view, 2022.

 

Giulia Restifo: Come hai incontrato CryptoZR (Liu Jiaying) e in che modo le vostre affinità di ricerca si sono declinate per la Biennale di Venezia?

Li Zhenuha: Ho conosciuto CryptoZR online nel 2020 attraverso il suo professore, Wu Jian’an, e successivamente abbiamo discusso sulla sua ricerca e sul processo di produzione del suo lavoro attraverso l’app di Tencent.

Il nostro progetto rientrava nell’ambito della “1st Annual METAVERSE Art @VENICE” ospitata presso l’Arsenale Nord, di cui CryptoZR è anche co-fondatrice. Come ho scritto nel mio saggio per CryptoZR, “Cookie Cookie 2.0, CryptoZR” dialoga perfettamente con i temi principali del progetto curatoriale di Cecilia Alemani e che sono apparsi a malapena nella loro forma più recente alla Biennale, come l’individuo e la Tecnologia, in cui Lu Yang [1] è probabilmente l’unico artista in tutta la Biennale a che sta lavorando a questo tema, trasformando il suo corpo e il suo movimento in un corpo virtuale. Sono interessato a come le cose si sviluppano per gradi e, quando parliamo di alcuni argomenti nell’arte, a volte il modo in cui viene realizzato è fondamentale per capire quanto noi ci affidiamo alla tecnologia e cosa riguardo a ciò possiamo cambiare o mettere in discussione. Come affermava David Graeber, “la cultura non è tua amica”, e nemmeno la tecnologia. Se si riesce a capire come funziona CryptoZR, soprattutto attraverso la mostra, si può capire meglio in che relazione sono oggi le persone e la tecnologia. Per inciso, Cookie Cookie 2.0 è anche altamente educativa, grazie al racconto di CryptoZR riguardo la progettazione dell’opera specifica e delle metodologie utilizzate per realizzarla, i mezzi, le piattaforme e le relative risposte. La mostra di CryptoZR sarà un’ottima estensione della Biennale di Venezia di quest’anno, incentrata sul più attuale tema della Blockchain, sulle identità online e offline, sulle economie e meta-spazi e, tra gli altri temi, sulla decentralizzazione o sul consenso. Questo incontro serendepico non era previsto, ma è interessante, e degno di riflessione, che una mostra così reciprocamente affine abbia luogo nello stesso contesto geografico e culturale.

[1]  Liu Jiaying è tra gli artisti multimediali cinesi più conosciuti e influenti a livello internazionale ed è stato nominato Artist of The Year 2022 della Deutsche Bank.

 

GR: Alcune delle opere presenti in mostra sono frutto della collaborazione di migliaia di persone, e sono volutamente incomplete, perché attualmente si soffermano a un momento di indagine che continuerà anche dopo il momento espositivo. Credi che, quando parliamo di Crypto Arte, blockchain e tecnologie web, resti uguale o cambi il concetto di “mostra”?

LZH: Oggi tutto è continuativo!

Il lavoro di CryptoZR, come sempre, mette in discussione la durata, ad esempio “Red & Blue” termina dopo un anno. Il lavoro di CryptoZR è altamente partecipativo e ci possono esserci fino a milioni di persone coinvolte nel plasmare e costruire il risultato finale dell’opera, simile a quello che Joseph Beuys chiamava scultura sociale. Tuttavia, seppur tecnologie e relativi protocolli siano durevoli, alcuni software o applicazioni potrebbero non essere più aggiornati, quindi ci troveremmo davanti alla necessità di cambiare piattaforma o usarne altre per adattarci. Con questo, le persone capirebbero meglio che nulla dura per sempre in realtà, che tutto è temporaneo, sottile, presente nelle nostre vite e creato dalle persone per un momento.

Anche le mostre hanno una durata, ma desidero che le persone abbiano il loro tempo e il loro interesse per approfondire alcuni argomenti. Per me una mostra è come un labirinto, richiede tempo per avvicinarsi lentamente e assorbire le informazioni dagli artisti e dai curatori. In alcuni casi richiede anche una maggiore conoscenza di certe aree o questioni.

Sono più interessato alla sfida riguardante la presentazione di un NFT o della cripto arte in uno spazio fisico. Siamo alle porte del Metaverso e potremmo essere in grado di inventare dispositivi che aiutino a comprendere meglio la nostra presenza nel mondo reale e virtuale.

 

GR: Il Metaverso per CryptoZR è un luogo di incontro tra materiale e immateriale, infatti molte delle sue opere hanno sede lì. Il Metaverso è anche un luogo senza barriere o restrizioni e dove poter parlare più liberamente di economia, visioni e sociologia, è così?

LZH: Credo che tu ti stia riferendo a Crypto Voxels [2] . Lì CryptoZR ha realizzato alcuni progetti a partire dal 2020, il primo è stato “Chi Jin”, poi “Top Bidder Artbyss” nel 2021 e “Point Zero” nel 2022. Ognuno di questi progetti ha una fonte, per esempio Minecraft o 2nd Life, e alcune applicazioni o siti internet sono la preistoria dell’era blockchain e hanno una relazione temporale con le Crypto Voxels. Il lavoro di CryptoZR opera sui metodi e sui media più rilevanti, il che è molto importante perché i media sono il messaggio. Ciò ci permetterà di comprendere meglio gli inizi dei metodi computazionali e il brillante futuro che le idee utopiche e i computer possono darci.

 

CryptoZR, TopBidder Artbyss, Exterior View of TopBidder Gallery, 2021.

 

Ma, come Black Mirror o Love, Death, Robots o Matrix, o Il pianeta delle scimmie, tutti cerchiamo di dare spiegazioni di un mondo binario nel presente o nel futuro. Nessuno è in grado di fornire micro aspetti dettagliati di come affrontiamo la tecnologia ordinaria, come se avessimo una visione o un risultato di tutto, ma nessuna narrazione di come lavoriamo e superiamo i dilemmi e le difficoltà del processo. Pertanto, credo che il lavoro di CryptoZR abbia un disperato bisogno di maggiore attenzione e che il metaverso abbia bisogno di più domande. Determinerà il percorso che seguiremo per raggiungere il risultato e dobbiamo percorrerlo con comprensione.

Rischio e profitto, un binomio perfetto: tutto ha un costo. Le persone nascono libere, ma la nostra società ha sempre bisogno di accordi, finché sei con qualcuno non sei libero, ma gli accordi nella nostra società sono lì per darci una migliore libertà, giusto? Risultato interessante!

[2] Crypto Voxels è un mondo virtuale di proprietà dell’utente in cui le persone possono usare la moneta digitale per comprare e vendere terreni, creare edifici e creare un’immagine.

[3] “The medium is the message” è un’espressione coniata dal teorico canadese della comunicazione Marshall McLuhan e il nome del primo capitolo del suo Understanding Media: The Extensions of Man, pubblicato nel 1964.

 

GR: Il risultato espositivo sono una serie di video ma, i medium che utilizza l’artista per creare sono svariati. Secondo te qual è, se presente, la vera innovazione tecnologica che porta CryptoZR e l’NFT all’arte?

LZH: Il video è un risultato, non è necessario avere un portafoglio di criptovalute o un accesso a Internet per partecipare alla mostra dal vivo di CryptoZR. Il video e la mostra sono una vetrina per le progettazioni di CryptoZR, ma non sono la definizione dell’opera.

È il modo in cui il concetto di arte viene ridefinito, come nel caso della Fontana (Urinoir) di Marcel Duchamp che può aver cambiato completamente il modo in cui l’arte viene percepita e ha reso possibili altri e nuovi movimenti artistici.

Il pensiero critico di CryptoZR nel suo lavoro può anche arricchire la nostra conoscenza dell’economia, della società, delle comunità e di molti altri aspetti del nostro tempo.

Il lavoro di CryptoZR è altamente sperimentale e riunisce NFT, contratti intelligenti, marketplace, animazione, scultura, VR, scambi o trading, e altro ancora. Ciò che CryptoZR porta al mondo della cripto arte è la possibilità di materializzazione. Ciò che CryptoZR apporta al mondo dell’arte è una linea guida verso un possibile metaverso.

 

GR: Arriverà quel giorno in cui l’arte crypto avrà un tale peso concettuale da poterne parlare senza fare accenno al mercato?

LZH: Forse dobbiamo capire meglio i mercati. Opere come Top Bidder di CryptoZR, che seguono la nuova teoria economica Radical Markets [4], possono rappresentare il futuro del nostro tempo. L’arte si evolverà quindi con qualsiasi cosa accada nel nostro tempo, con nuovi materiali e nuovi concetti. Oggi è difficile inventare cose nuove e non sappiamo in quale direzione sia possibile andare. Ora che anche la definizione di arte viene continuamente revisionata da nuove ridefinizioni, come in ambito di genere, razza e più largamente della scienza, sono curioso di sapere cosa ci sarà dopo e cosa succederà. Conosciamo la storia in un modo che a volte non è in grado di prevedere il futuro, e la storia e la sua esistenza, i suoi racconti, la sua bellezza, ci suggeriscono che la narrazione storica non ha mai seguito un’unica forma, in continuità fino ai giorni nostri. Lo stesso vale per la modernità e l’interazione umana, dove i campi della psicologia, della biologia, dell’archeologia, della meccanica quantistica, dell’estetica e della sociologia hanno ancora bisogno di maggiore collaborazione e consultazione, e forse possiamo comprendere meglio il passato nel contesto di nuove progressioni, in cui storia e presente sono collegati. Abbiate fiducia in ciò che esiste, come il lavoro di CryptoZR, perché insieme possiamo fare la differenza e ci concepire altre possibilità.

[4] Eric A. Posner & E Glen Weyl, Radical Markets: Uprooting Capitalism and Democracy for a Just Society, 2018.

 

CryptoZR, 1000EYE,CryptoArt project based on Ethereum blockchain, 2019.

 

(English version) 

Giulia Restifo: How did you meet CryptoZR (Liu Jiaying) and how did your research affinities translate for the Venice Biennale?

Li Zhenuha: I met CryptoZR online in 2020 through her professor, Mr. Wu Jian’an, and then we discussed her work, and the process of generating her work, over the Tencent app.

Our project was within the scope of the “1st Annual METAVERSE Art @VENICE” at Arsenal Nord, of which CryptoZR was also a founding member. As I wrote in my essay for CryptoZR, Cookie Cookie 2.0, CryptoZR certainly fits in with two major themes in Cecilia Alemani’s curation that have barely appeared in their most recent form in the Biennale, such as the individual and Technology, in which Lu Yang [5] is probably the only person in the entire exhibition to working under this theme by turning her body and movement into a virtual one. I’m interested in the process of how things develop in steps, and when we talk about certain topics in art, sometimes the way in which it is made is more important for us to understand how much we rely on technology and what we can change or question in certain ways. As David Graeber says ‘culture is not your friend’, neither is technology. If you get an insight into how CryptoZR works, especially through the exhibition, you might understand more about where people and technology are today. Incidentally, the exhibition is also highly educational, with CryptoZR explaining how she invented a specific piece of work and what the methods, mediums, platforms and related responses are. CryptoZR’s exhibition will be a very good extension of this year’s Venice Biennale, on more relevant Blochchain, online and offline identities, economies and meta-spaces, among other themes, decentralisation or consensus. This serendipitous encounter was not expected, but it is interesting, and worthy of reflection, that such a mutually compatible exhibition takes place in the same geographical and cultural context.

[5] Liu Jiaying is among the most internationally known and influential Chinese multimedia artists and has been named Deutsche Bank’s Artist of The Year 2022.

 

GR: Some of the works in the exhibition are the result of the collaboration of thousands of people, and they are intentionally incomplete, because they stop a moment of investigation that will continue after the exhibition moment. Do you think that when we talk about Crypto Art, blockchain and web technologies, does the concept of “exhibition” remain the same or change?

LZH: Everything today is durational.

CryptoZR’s work, as always, questions the length of time, for example “Red & Blue”, ends after a year. CryptoZR’s work is highly participatory and there may be millions of people involved in shaping and building the end result of the work, as Joseph Beuys calls social sculpture. Technologies and protocols are also durational and some software or applications may no longer be updated, then we have to change platforms or use others to accommodate this. By doing so, people will also better understand that nothing lasts forever, that everything is temporary, subtle, present in our lives and created by people for a moment.

Exhibitions are also durational, but I want people to have their own time and interest to dig into things. For me, an exhibition is like a labyrinth, it takes time to slowly approach and take in information from artists and curators. In some cases it even requires more knowledge about certain areas or things.

I am more interested in the challenge of how to present NFT or crypto art in a physical space. We are at the gateway to the Metaverse and we may be able to invent things that will help better understand our presence in the real and virtual world.

 

GR: The Metaverse for CryptoZR is a meeting place between the material and immaterial, in fact many of its works are based there. The Metaverse is also a place without barriers or restrictions and where we can talk more freely about economics, visions and sociology, is that right?

LZH: I think you are referring to Crypto Voxels [6]. There, CryptoZR did a few projects from 2020, the first one was “Chi Jin”, then she developed “Top Bidder Artbyss” in 2021 and then “Point Zero” in 2022. Everything has a source, for example Minecraft or 2nd Life, and some other applications or internet sites are pre-history of the blockchain era and have a temporal relationship with cryptovoxels. CryptoZR’s work operates on the most relevant methods and media, which is very important because “the media is the message” [7]. This will give us a better understanding of the beginnings of computational methods and the bright future that utopian ideas and computers can give us.

 

CryptoZR (Liu Jiaying), United We Stand (video still), 2020–21. Single channel video installation.

 

But, like Black Mirror or Love, Death, Robots, or The Matrix, or Planet of the Apes all try to give the impression of a binary world in the present or future, but no one can give detailed micro aspects of how we deal with ordinary technology, it’s like we have a vision or outcome of everything, but no narrative of how we work and get across the dilemmas and difficulties of the process. Therefore, I think CryptoZR’s work desperately needs more attention and the metaverse needs more questions. It will determine the path we take to the outcome and we must walk that path with understanding.

Risk and profit, a perfect match: everything has a cost. People are born free, but our society always needs agreements, as long as you are with someone you are not free, but the agreements in our society are there to give us better freedom, right? What an interesting outcome.

[6] Crypto Voxels is a user owned virtual world where people can use digital currency to buy and sell land, create buildings.

[7] “The medium is the message” is a phrase coined by the Canadian communication theorist Marshall McLuhan and the name of the first chapter] in his Understanding Media: The Extensions of Man, published in 1964.

 

GR: The exhibition result is a series of videos but the mediums the artist uses to create are varied. What do you think, if any, is the real technological innovation that CryptoZR and nft bring to art?

LZH: The video is a result, one does not need a cryptocurrency wallet or internet access to participate in CryptoZR’s live exhibition. The video and exhibition is a showcase for CryptoZR’s creations, but it is not the definition of the work.

It is how the concept of art is redefined, such as in the case of The Fountain (Marcel Duchamp) which may have completely changed the way art is perceived and then made other new art movements possible.

CryptoZR’s critical thinking in her work may also enrich our knowledge of the economy, society, communities and many other aspects of our time.

CryptoZR’s work is highly experimental, bringing together NFT, smart contracts, marketplaces, animation, sculpture, VR, exchanges or trading and other themes. what CryptoZR brings to the world of crypto art is the possibility of materialisation. what CryptoZR brings to the art world is a guideline towards a metaverse.

 

GR: Will there come a day when crypto art has such conceptual weight that we can talk about it without mentioning the market?

LZH: Perhaps we need to understand the markets better. Works like CryptoZR’s Top Bidder, following the new economic theory Radical Markets [8] may portray the future of our time. Art will then evolve with whatever happens in our time, with new materials and new concepts. So it’s hard to invent new things now and we don’t know which direction is possible to go in. Now that the definition of art is also always being changed by new interventions, such as gender, race and science, I’m curious to know what’s next and what will happen. We know history in a way that sometimes cannot predict the future, and history and its existence, its stories, its beauty, is suggesting to us that history has never followed any one form of continuation to the present day. The same applies to modernity and human interaction, where the fields of psychology, biology, archaeology, quantum mechanics, aesthetics and sociology still need more collaboration and consultation, and perhaps we can better understand the past in the context of new inventions where history and the present are connected. Trust in what exists, such as the work of CryptoZR, because together we can make a difference, and there are other possibilities.

[8] Eric A. Posner & E Glen Weyl, Radical Markets: Uprooting Capitalism and Democracy for a Just Society, 2018.

 

 

CryptoZR (Liu Jiaying), Chijin Art Museum, 2020-2021, Multi-Media Installation

 

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VOLCANIC ATTITUDE, FESTIVAL DI CULTURA CONTEMPORANEA, I Edizione

Volcanic Attitude è un festival di cultura contemporanea che ospita artisti e ricercatori in un programma di talk, performance e happening tra Napoli e Vulcano (Isole Eolie). Volcanic Attitude mette in relazione le ricerche di artisti e esperti provenienti da varie discipline scientifiche con i territori vulcanici e le forze primarie della natura, per indagare le modalità con cui agiamo e pensiamo e come queste si modificano in rapporto al luogo e agli strumenti che usiamo.

Con ciclicità annuale e con una forte spinta propulsiva, il Festival si sviluppa in due momenti: il già avvenuto Approach / Avvicinamento (28 settembre – 2 ottobre 2021), fase di ricerca e residenza artistica e il prossimo Landing / Atterraggio, momento di restituzione al pubblico delle esperienze e risultati emersi durante la residenza. Volcanic Attitude darà avvio al festival a Napoli con l’inaugurazione presso la Fondazione Morra Greco (10 giugno 2022, ore 16.00). Proseguirà a bordo della nave Laurana, Mar Tirreno, e sull’isola di Vulcano , Isole Eolie con un programma di talk, performance e happening. Tra gli eventi volti all’esplorazione e alla scoperta del territorio di Vulcano, un viaggio panoramico in barca fino a Gelso e la passeggiata di esplorazione alle pendici di Vulcano.

A declinare il tema, a partire dalla propria ricerca e pratica personale sono stati invitati gli artisti Fabrizio Perghem, con un’installazione sul processo di distillazione
dei fumi vulcanici, Fabrizio Vatieri, con una performance sonora in tre atti, e il collettivo Zapruder che proporrà esercizi di combattimento scenico sulla spiaggia. Gli esperti scientifici invitati sono Chiara Boschi, Prima Ricercatrice, CNR – Istituto di Geoscienze e Georisorse, Andrea Dini, Primo Ricercatore, CNR – Istituto di Geoscienze e Georisorse, Andrea Orlando, Archeoastronomo, IAS – Istituto di Archeoastronomia Siciliana, Salvatore Passaro, Geologo marino, CNR – Istituto di Scienze Marine.

 

Foto di Davide Pompeiano.

 

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CONDENSATO DI BIENNALE Guida (quasi) breve per chi ha poco tempo e tanta curiosità

Sarà pur vero che questa Biennale d’Arte è in ritardo di un anno rispetto alla tabella di marcia della “normalità”, ma quello che conta davvero per una Biennale è che sia in anticipo sui tempi che la seguiranno.

L’edizione precedente (2019), curata da Rugoff e profeticamente intitolata “May you live in interesting times”, in effetti ci era riuscita – ci chiedevamo allora se il titolo fosse più un augurio o una maledizione: a ciascuno di voi la risposta. L’edizione attuale, curata da Cecilia Alemani, attende invece la prova del tempo ma sicuramente riesce in almeno un compito molto difficile: ritrovare tra i meandri delle storie ormai date per perse quelle pratiche artistiche e quelle esistenze umane che avrebbero avuto molto da dirci sui tempi che stiamo attraversando.

Perché questo non sia successo non è un mistero: la divergenza – neurologica, di genere, di estrazione sociale, di provenienza geografica – non è mai stata ben accolta nella cultura “ufficiale” (cioè occidentale), che accoglie ciò che le è estraneo soltanto quando può essere venduto come “esotico” e consumato all’infinito. Anche in questo la Biennale eccelle: basta guardare alle collezioni di provenienza dei lavori esposti. Alcuni sono forniti dai classici sistemi di supporto all’arte contemporanea (con un grande ritorno degli USA a fare la parte del leone) mentre molti altri provengono da musei sconosciuti ai più, ove si nascondono dei veri e propri gioielli storici che compongono le “capsule temporali” disseminate tra i vari spazi della mostra. Anche solo per questo, da una breve visita a questa Biennale potrete trovare numerosi spunti di visite ad altri musei “di nicchia” in altre città del mondo. Quindi, come sempre, leggete e fotografate le didascalie perché nascondono molte gradite sorprese.

La mostra centrale: “Il Latte dei Sogni”

Donne (e generi non conformi), diaspora e ibridazione: sembrano essere questi i fili conduttori che sottendono a tutta la mostra. Se avete poco tempo, il mio consiglio è, come sempre, di scegliere delle opere-chiave e poi nel caso tornare: iniziate dall’Arsenale perché è lì che si trovano molte delle opere più emozionanti della mostra. Inoltre, la struttura è molto più percorribile e meno dispersiva rispetto agli ambienti e agli allestimenti dei Giardini.

Belkis Ayon, Nuestro Deber, 1993.

La prima stanza incute subito rispetto con il suo misticismo, evocato dalle collografie (un misto tra collage e incisione) di Belkis Ayón che circondano come in un rituale la scultura imponente di Simone Yvette Leigh, prima Americana nera a rappresentare il Paese nel padiglione USA e, soprattutto, Leone d’Oro come migliore artista di questa Biennale. Il contrasto tra bianco e nero viene ridiscusso dalla manualità sapiente di Ayón, che riesce a sfruttare al massimo la tecnica (un misto tra collage, disegno e litografia) per creare mondi in cui esplorare i misteri dell’Abakuà, una loggia segreta afro-cubana fondata sul mito del tradimento di Sikàn, una donna di cui vengono rappresentati solamente gli occhi, intenta ad abitare scene di miti giudaico-cristiani ed intrecciare episodi della vita stessa dell’autrice cubana, scomparsa a soli 32 anni.

Simone Yvette Leigh, Brick House, 2019.

Nella stessa stanza si staglia la scultura di Simone Leigh, discesa su Venezia dopo aver dominato per tutto il 2019 la High Line, ex-ferrovia sopraelevata di Manhattan ora divenuta camminabile. Brick House è un centauro metà donna metà casa, il cui busto a forma di gonna richiama un filo storico che parte dalle abitazioni tipiche Mousgoum (Ciad e Camerun) e arriva fino alle architetture trash e un po’ razziste di alcuni di quei ristoranti che s’incontrano nel Deep South. Un megalite che esalta le molteplicità storiche, sociali, estetiche e familiari che si riverberano di generazione in generazione nel corpo delle donne nere.

Gabriel Chaile, Sebastiana Martinez, 2022.

Subito dopo, un’altra stanza fondamentale, popolata dalle meravigliose sculture-forno di Gabriel Chaile. Poco più avanti, sulla destra, il video di Eglė Budvytyté, Songs from the compost, i cui personaggi si muovono in prossimità totale tra di loro e con l’ambiente circostante, in un’ibridazione di movimento e materia che evoca in maniera sorprendente la necessità di interdipendenza, decadimento e ibridazione fluida e costante tra entità umane e non-umane. Se avete tempo, perdetevi poi nei dettagli narrativi dei quadri di Frantz Zéphirin, subito dopo sulla sinistra: sono permeati della cultura e della religione maggioritaria ad Haiti, il Vodou, di cui Zéphirin è sacerdote.

Frantz Zéphirin, TheSlave Ship Brooks, 2007.

Al centro della stanza, la prima capsula temporale dell’Arsenale è dedicata al concetto di “vascello” e raccoglie opere di artistə  storicizzatə che accantonano l’idea del vascello come mero contenitore di un altro più importante (il collegamento al corpo femminile è chiaro) per mostrarlo quale esso è: un’entità potente sia nella pratica che come metafora, dotata di una propria autonomia ed espressione. In questa chiave, le reti/ceste di Ruth Asawa appaiono ancora di più in tutta la loro poesia.

Quasi alla fine del salone successivo, sulla sinistra, una scritta “Contenuti sensibili” vi invita ad entrare a vostra discrezione per la proiezione di uno dei video più belli e più assurdi di tutta la mostra, per la sua semplicità e l’ironia che ne permea il montaggio: Le sacre du printemps, di Zheng Bo. È un tentativo di unione interspecie, dove gli umani queer fungono da anello di congiunzione tra la nostra specie e un bosco di felci, in una danza orgasmica e in un qualche senso anche orgiastica interpretata da cinque ballerini nel mezzo della foresta svedese.

Subito sulla destra due dei corpi di lavoro più emozionanti di tutta la mostra:
– le Sonhiferas di Solange Pessoa, così intense nel loro nero profondo al confine tra il regno dei sogni e quello dei defunti, così sinuose nella loro metamorfosi,
– i Titans di Ali Cherry, idoli ibridi dalla presenza Assira, che sono presentati assieme a un video a tre canali e dei piccoli dipinti. Si potrebbero riassumere con una frase del video: “Se gli uomini sono stati fatti a somiglianza degli dei, allora anche gli dei devono essere stati fatti di fango”.

La seconda capsula temporale dell’Arsenale si presenta con le gigantografie di Alexandra Exter, eclettica costumista e artista russa e autrice degli abiti di scena del primo film di fantascienza sovietico. Assieme a lei, le sperimentazioni cyborg-teatrali di Lavinia Schultz e Walter Holdt e i lavori sulle protesi facciali di Anna Coleman Ladd.

Da qui, mi soffermerei particolarmente sulla foto di Joanna Piotrowska che esplorano con ironia il modo in cui le gerarchie di potere, le inquietudini e le convenzioni socialmente imposte si manifestano nell’ambiente domestico – tra queste, spicca la foto della serie Self-defense. A seguire, la video installazione di Marina Simnet, sferzante e inquietante, in cui (nuovamente) la relazione interspecie è esplorata attraverso la metafora della perdita della coda, simbolo della nostra animalità. L’installazione di Carolyn Lazard merita uno sguardo approfondito per poter superare la sua (in apparenza) disarmante semplicità. L’artista si concentra sul rapporto tra tempo, lavoro e malattia. Se appendere un lavandino come si appende una tivú può apparire ironico, la poltrona e altri lavori suggeriscono invece una tensione più profonda, un’alienazione messa in circolo tra i filtri HEPA, i fuochi fittizi e il suono delle pillole che vengono riversate in un contenitore – il tutto scandito da una clessidra piena di polvere tossica. Che botta di vita.

Lynn Hershman Leeson, Logic Paralyzes The Heart, 2021.

Concluderei la visita all’Arsenale fermandosi nell’installazione di Lynn Hershman Leeson, per poi lasciarmi catturare dallo spazio dominato dall’intramontabile Barbara Kruger e in ultimo fermarmi lungo le Gaggiandre (i bacini fuori dal padiglione Italia, per intenderci) per godere dell’opera audio-musicale immersiva di Wu Tsang.

Wu Tsang, Of Whales, 2022.

Giardini

Ogni curatore della Biennale si è trovato a fare i conti con le difficoltà del padiglione centrale, qualcuno ha vinto la sfida, altri no, questo si può dire che chiuda con un pareggio. Alcuni lavori si annullano nel mare di proposte presentate, gli allestimenti non sperimentano molto con lo spazio (indirizzando quindi l’attenzione), per cui non cercherei di impallare i vostri sensi cercando di vedere tutto, ma mi concentrerei su alcune opere che possono dare una chiave di lettura per tutto il resto dell’esperienza. L’ingresso merita di soffermarsi sulla tecnica con cui è realizzato Elefant di Katharina Fritsch – il suo realismo devia verso il magico e l’onirico grazie all’assorbimento della luce della pittura che ha utilizzato per rivestire la scultura, proiettando sia l’animale che lo spettatore su un piano parallelo allo stato di veglia. Dalla sala successiva, sulla sinistra si accede a una stanza magica, dove convivono i dipinti di Cecilia Vicuña (Leone alla carriera) e le splendide e sardoniche sculture in fibra di canapa di Mrinalini Mukherjee.

La prima capsula temporale qui è un’intera sala, fitta fitta di meraviglie, tra cui spiccano le produzioni dell’italiana Rosa Rosà, futurista femminista, i video di Josephine Baker e le opere di Leonora Carrington (da un cui testo deriva il titolo della Biennale stessa) e soprattutto di Remedios Varo.

Nella seconda capsula temporale, invece, non perdetevi una gemma assoluta: il Ladies Almanack di Djuna Barnes.

Un altro momento di riflessione merita l’installazione di Kudzanai-Violet Hwami, che unisce immagine e suono con delicatezza e profondità. Le sculture di Jana Euler, decine di squali realizzati alla maniera dei più celebri pittori iperrealisti, astratti e surrealisti, le cui dimensioni ridotte fungono da contrappunto alle dimensioni altrimenti epiche dello squalo bianco. Sono alcuni dei pochissimi lavori che rimandano alla forma fallica – infatti, a detta di molti esperti, questa è una biennale profondamente vaginal – nelle prospettive, nei contenuti ed anche e soprattutto nelle forme che si incontrano nelle varie opere.

Non perdetevi le sculture di Hannah Levy e poi dedicate del tempo a godervi per intero la performance ideata da Alexandra Pirici al piano rialzato. L’artista/coreografa le chiama live sculptures, ma credo che il linguaggio stenti a poter davvero definire le sue azioni pubbliche ed è proprio questo il bello. Encyclopedia of Relations vede i performer coinvolti nell’esplorazione di svariati esempi di relazioni collettive, simbiotiche o parassitarie, spaziando tra la botanica, la biologia e l’intelligenza artificiale. Tutto questo avviene, però, in una maniera estremamente coinvolgente e a tratti davvero spassosa, irresistibile, specialmente quando cantano Toni Braxton: è la potenza dell’improv, metodo teatrale che la Pirici lascia utilizzare ai performer nei momenti giusti, dimostrando grande saggezza e con un risultato davvero potente.

Alexandra Pirici, Encyclopedia of Relations, 2021.

I Padiglioni

Sono tanti, sono grandi, c’è la coda e non c’è il bagno – per cui, forse ancora più che con le mostre centrali, serve prioritizzare.

Un’attenzione particolare va prestata a un fatto: fino a poco tempo fa, il tema dellə artistə figliə delle diaspore era in un qualche modo considerato di nicchia, mentre ora ci sono ben quattro padiglioni che a tutti gli effetti sono “diaspora pavilions”: Scozia, con Alberta Whittle, UK con Sonia Boyce, Francia con Zineb Sedira e in un qualche modo anche US con Simone Leigh. Seminale è stato quindi il padiglione “off” del 2017, denominato appunto “Diaspora Pavilion”, e organizzato da ICF, istituzione Londinese da decenni attiva a questo riguardo. Sarebbe interessante scoprire quali prospettive potrebbero arrivare da ancora più artisti di altri Paesi europei la cui vita e pratica è toccata da fenomeni di diaspora, di migrazione, di restrizioni fisiche e culturali, di resistenza.

Veniamo al dunque:

Brasile (Giardini): è letteralmente un padiglione – auricolare però, da cui si entra in un viaggio corporeo e linguistico soltanto in apparenza facile.

Grecia (Giardini): un lavoro magistrale, toccante, spiazzante, che attraversa letteralmente millenni di Storia con immediatezza e con una narrazione travolgente. Nell’opera dell’ex-resident di ViaFarini Loukia Alavanou, “Edipo a Colono” diventa un’epopea umana portata in scena da un gruppo di attori di una tendopoli Roma nella periferia di Atene, il tutto confezionato in un’esperienza di Realtà Virtuale totalmente immersiva, a 360 gradi, che incredibilmente è la cosa più simile all’esperienza di un teatro Greco dell’antichità. Vale ogni minuto passato a fare la coda.

Gran Bretagna (Giardini): per un pubblico non-anglofono potrà sembrare molto scarno ad un primo sguardo (o ascolto, effettivamente), ma il padiglione di Sonia Boyce, artista di origini di Barbados bandiera di un’intera generazione di artistə inglesi, è molto di più. È un tributo all’intensità e alla profondità con cui la voce nera – qui metafora e simbolo di tutte le arti create da figliə dell’ex-Impero – ha plasmato la produzione culturale e la dimensione familiare di tutta la Gran Bretagna e di gran parte della contemporaneità mondiale. È una presa di coscienza di ciò che è umano – la voce, appunto – e che altrimenti verrebbe solamente visto come “ingrediente” di una produzione musicale. Il suo Leone d’oro non è frutto di mere considerazioni “tecniche” (secondo cui molti altri padiglioni lo avrebbero meritato tanto quanto, se non di più) ma un riconoscimento di rilevanza culturale innegabile che consegna alla Storia una storia finalmente scritta a più mani.

Finlandia (Giardini): Pilvi Takala s’è fatta assumere come guardia giurata in incognito e in seguito ha realizzato un lavoro su questo settore e su tutte le sue contraddizioni.

Ungheria (Giardini): meritano davvero le sculture di Zsófia Keresztes.

Francia (Giardini): un viaggio nei processi di costruzione dell’immagine algerina -e per estensione, black e brown – nella cultura francofona, alla luce dell’opera di Pontecorvo, Scola e Visconti.

Nordics (Giardini): the Sàmi Pavilion porta al centro dell’opera la produzione artistica a tutto campo dei popoli indigeni della Scandinavia. Anche qui, prospettive nuove e interessanti per il nostro rapporto con lo spazio, il tempo e il corpo.

Gianmaria Tosatti, Storia della Notte e Destino delle Comete, 2022.

Italia (Arsenale): “Storia della notte e destino delle comete” – cinematografico, colossale e forse anche per questo ancora più straziante nel senso di solitudine che evoca di stanza in stanza, fino all’angolo di poesia finale (che forse da solo vale tutto il padiglione). Una produzione monumentale da cui vale la pena lasciarsi trasportare. Piccola nota di colore: il testo del padiglione fa riferimento a una citazione di Pasolini (“Darei l’intera Montedison per una lucciola”) incalzando poi con “ora che la Montedison non c’è più”. Uscendo dal padiglione però, ormeggiato dall’altro lato dell’Arsenale, probabilmente vedrete il Moro di Venezia, con il suo bel logo Montedison sui bordi. Ironia della sorte e destino delle meteore (veliche).

Australia (Giardini): non è per tutte le orecchie, a qualcuno ha addirittura spaventato, ma la performance continua (durational, in termini tecnici) di Marco Fusinato, figlio di veneti emigrati in Australia, è veramente impressionante e spettacolare.

Olanda (Cannaregio – Chiesetta della Misericordia) – sdraiatevi e lasciatevi trasportare.

Marco Fusinato, Desastres, 2022.

Off-Biennale

Qui dipende davvero dai gusti.

Se siete in cerca di monumentalità (e di gran storie per i social) andate sul sicuro in Punta della Dogana con Bruce Nauman, Hermann Nitsch (R.I.P.) da Zuecca Projects e Anselm Kiefer a Palazzo Ducale.
Se siete in cerca di raccoglimento ed esplorazione, la rassegna video Penumbra della Bulgari Foundation all’Ospedaletto non vi deluderà.

Consigliatissima anche la mostra della pittrice-scultrice Claire Tabouret curata da Kathryn Weir a Palazzo Cavanis (Zattere).
Se invece continuate a pensare al titolo della Biennale (probabile, visto che le locandine sono ovunque), cioè i “sogni”, potreste trovare pane per i vostri denti alla mostra spettacolare, affascinante e profondissima della Fondazione Prada sul cervello.

Claire Tabouret, Snow InTheDesert, 2017.

Merita una visita anche la mostra di Monica de Miranda intitolata No longer with the memory but with its future, curata da Paula Nascimento (Leone d’Oro nel 2013), in Calle dei Vecchi (Dorsoduro).

Per chi ha fame di sperimentazione, community work e nuove prospettive,si consiglia CHUTZPAH curata da Gabi Scardi alle Procuratie Vecchie (ottima scusa per visitarle ora che sono rinate grazie a un intervento architettonico firmato dal team di David Chipperfield Architects).
Infine, gli appassionati di nuove tecnologie e opere innovative potranno visitare Cookie Cookie 2.0  curato da Li Zhenhua, che esplora il metaverso e gli NFT in uno spazio installativo emozionante.

Dormire, mangiare, sopravvivere a Venezia

A seconda del budget potreste provare:

ANDA Venice Hostel – a Mestre, comodissimo e molto vicino al tram che attraversa il ponte della Libertà, con una vibe molto positiva e prezzi accessibili.

COMBO – un po’ hotel, un po’ ostello, un po’ biblioteca universitaria, un po’ quel posto che ha prezzi da albergo e mood da backpacking ma che, alla fine, è in una posizione perfetta e costa comunque di meno del classico 3 stelle + che spesso delude. In più, ci fanno molti eventi serali.

Palazzetto Pisani – una chicca sul Canal Grande ad un prezzo ragionevole (per quella fascia di prezzo) e un ambiente raffinato ma familiare. Spesso ospitano mostre d’arte se non addirittura artisti in una sorta di “residenza”.

Da Codroma: uno dei migliori rapporti prezzo/qualità in tutta la città per uno dei locali preferiti dai locals così come dai non-locals che però sanno scegliere con saggezza.
Da Marisa: uno dei pochi posti non fast-food dove mangiare cibo non-veneziano. Gettonatissimo da lavoratori e studenti per il suo menù a prezzo fisso e abbordabile, la sua vista sul rio della Crea (uno dei più autentici e trafficati di Venezia) e la sua spontaneità.

Al Portego: vicino Rialto, una garanzia, sia per uno spuntino che per un pasto completo.

Alla Rampa: una volta le dosi erano più abbondanti, ma resta uno dei baccalà alla vicentina più buoni della città – e soprattutto, è letteralmente dietro ai Giardini. “Trattoria da battaglia” perfetta per il tragitto da una venue all’altra.

Koenji: nuovissimo e già amatissimo, il bacaro/osteria con chef giapponesi che si avventurano in una interessantissima fusion nippo-lagunare che spazia anche oltre ai piatti di pesce.

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FOREVER BY PATRICK TUTTOFUOCO. In dialogo con Umberto Sebastiano

THAT’S CONTEMPORARY e Casa degli Artisti presentano FOREVER by Patrick Tuttofuoco (Milano, 1974), progetto prodotto da UNFRAMED 721, nato in dialogo con Umberto Sebastiano, con la direzione artistica di Martina Grendene, Giulia Restifo e Jessica Tanghetti.

Opening con talk di presentazione del progetto: 30.03.2022 18 – 21 @ Casa degli Artisti – Milano.

FOREVER è il primo progetto NFT realizzato da Patrick Tuttofuoco. Nasce dalla riflessione dell’artista sul Non-Fungible-Token quale nuovo medium per l’espressione della propria ricerca artistica. Traendo origine dall’interesse verso il tema dell’esperienza del tempo, già indagato dall’artista, FOREVER riflette su una dimensione spazio temporale nuova, in cui il corpo dell’opera, e la stessa fruizione, divengono smaterializzate mantenendo però un carattere di unicità, innato nei Non-Fungible-Tokens. L’idea è tendere all’infinito, andare oltre i confini materiali creando un nuovo campo d’azione che produce e al tempo stesso trascende l’esistenza dell’opera.

Le riflessioni di Patrick Tuttofuoco sono arricchite dal dialogo con lo scrittore Umberto Sebastiano e la rielaborazione dell’artista di una suggestione tratta dal romanzo “Il mondo finirà di notte” di Umberto Sebastiano (casa editrice Nutrimenti, in uscita a maggio 2022). La realizzazione tecnica di FOREVERè a cura di Crazy Pandas.

La restituzione visiva di tale indagine, rappresentata dall’opera Forever, sarà presentata nel corso della preview stampa del 30 marzo, dove saranno presenti l’artista Patrick Tuttofuoco, UNFRAMED 721, THAT’S CONTEMPORARY e le responsabili della direzione artistica del progetto.

Nel corso della preview sarà effettuato il minting live del progetto, grazie al quale l’opera digitale diverrà a tutti gli effetti un NFT.

Dal 31 marzo al 3 aprile, contestualmente alla Milano Art Week, l’opera sarà fruibile al pubblico.

Al fine di stimolare un avvicinamento verso gli NFTs, sarà organizzato un “NFT Art Lab Experience” in cui sarà offerta la possibilità di confronto diretto con le diverse figure coinvolte nel progetto: l’artista, la direzione artistica e i responsabili della parte di content creation e di infrastructure. L’obiettivo è esplorare gli aspetti artistici, tecnici e pratici connessi alla realizzazione e compravendita di NFTs.

“NFT Art Lab Experience” si terrà il 2 aprile 2022 dalle ore 16.00 alle ore 17.00 online, e dalle ore 17.00 alle ore 21.00 in presenza, presso Casa degli Artisti. Per iscrizioni al lab seguire questo link: forms.gle/i8xxgmCFwr1WZqae8 

 

BIO

Patrick Tuttofuoco

La pratica di Patrick Tuttofuoco (Milano, 1974) tesse un dialogo tra gli individui e la loro capacità di trasformare l’ambiente in cui vivono. Esplora le nozioni di comunità e integrazione sociale al fine di coniugare il fascino sensoriale immediato e il potere di innescare risposte teoriche profonde.

Tuttofuoco fonde Modernismo e Pop e spinge la figurazione verso l’astrazione, utilizzando l’uomo come paradigma dell’esistenza, matrice e unità di misura della realtà. Da questo processo interpretativo e cognitivo vengono prodotte infinite versioni dell’individuo e del contesto in cui vive, da cui sono generate forme in grado di animare le sculture.

Patrick Tuttofuoco ha partecipato alla 50^ Biennale di Venezia (2003), Manifesta 5 (2004), alla 6^ Biennale di Shanghai (2006) e alla 10^ Biennale di Havana (2009). I suoi lavori sono stati esposti in diverse istituzioni internazionali come Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, Italia (2006) e la Künstlerhaus Bethanien, Berlino (2008).

 

THAT’S CONTEMPORARY

THAT’S CONTEMPORARY è un’associazione culturale che dal 2011 si occupa di promuovere l’arte contemporanea a Milano, attraverso attività di comunicazione e progettazione, mettendo in rete istituzioni, gallerie, spazi non profit e indipendenti, con lo scopo di aumentare l’interesse collettivo nei confronti dello scenario contemporaneo.  Nel 2017, da un’idea di Martina Grendene, Giulia Restifo e Jessica Tanghetti, nasce lo spin-off That’s Experience che realizza eventi esclusivi all’interno di contesti culturali, che consentono di entrare in contatto con l’arte, nei suoi luoghi e nei suoi luoghi e insieme alle sue protagoniste e ai suoi protagonisti.

 

UNFRAMED 721

UNFRAMED 721 è un laboratorio di idee, prodotti e servizi legati al mondo dei Non-Fungible Token composto da due anime: “Digital Talent Garden” e “NFT-as-a-Service”. La prima vuole essere una residenza digitale che accompagna a livello produttivo, curatoriale e comunicativo gli artisti tradizionali. La seconda invece, ha l’obiettivo di guidare e supportare brand ed aziende nella creazione di prodotti unici ed innovativi sfruttando al massimo le potenzialità del Web3.

 

Casa degli Artisti

Casa degli Artisti è un centro di residenza, produzione e fruizione che pone al centro della sua attività la ricerca e il lavoro degli artisti nell’ambito delle arti visive, performative, sonore, applicate, della letteratura e del pensiero. Un luogo a vocazione interdisciplinare e internazionale, con uno sguardo aperto alla città, alla sfera pubblica e allo spazio urbano, per connettere l’arte e la società e mantenere la sua funzione di bene pubblico.

 

INFORMAZIONI PRATICHE

31 marzo – 3 aprile | 12.00 – 19.00

30 marzo 18.00 – 21.00 | Opening con talk di presentazione del progetto

2 aprile 16.00 – 17.00 | NFT Art Lab Experience (ONLINE)

2 aprile 17.00 – 21.00 | NFT Art Lab Experience (Casa degli Artisti)

Contatti email

That’s Experience | experience@thatscontemporary.com

UNFRAMED 721 | welcome@unframed721.xyz

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prova2

AirFrame, infatti, così come l’opera d’arte che ne diviene parte integrante, collocandosi in un ambiente domestico, entra in dialogo diretto con la sfera privata del singolo, consentendo l’enfatizzazione di molteplici sfaccettature, sia da un punto di vista emotivo che estetico. L’interpretazione della relazione tra io e ambiente da parte degli artisti offre uno spaccato contemporaneo sul tema, espresso in un caleidoscopio di forme, colori, geometrie ed immagini diverse ed uniche.

Lə cinque artistə coinvoltə in questo progetto sono Paolo Gonzato (Busto Arsizio, 1975), Sali Muller(Lussemburgo, 1981), Mara Palena (Garbagnate Milanese,1988), Przemek Pyszczek (Bialystok, 1985),  Laura Santamaria (Como, 1976)

 

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