In foto
©Filippo Romano
Il tuo libro fotografico WATERTANKS Mathare-Nairobi, com’è nato?che cosa ha spinto il tuo sguardo in quel preciso contesto urbano?
“Il libro Watertaks-Mathare-Nairobi nasce da un progetto iniziato nel 2011 e terminato nel 2017 ed è centrato su tematiche sociali, politico-amministrative legate al tema di approvvigionamento idrico da parte della popolazione locale dello slum di Mathare, a Nairobi. Ho iniziato a lavorare su una tipologia di architettura, le watertanks, perché ho notato che esse costituivano un elemento che si ripeteva in questi paesaggi desolati, creando una serie fotografica.Lo stesso oggetto si caricava di un valore simbolico, legato alla sua connotazione geopolitica ma anche concettuale, in effetti le watertanks possono essere viste come figure geometriche, definite e assolute. ”Dimensione simbolica e concettuale convergono in una fotografia arricchita di significati inediti, interessanti, che danno vita proprio al quaderno di lavoro di Filippo Romano strutturato come un’unica serie di immagini.
Come mai hai scelto il quaderno di lavoro per dare forma al tuo libro fotografico?
“Per me il quaderno costituisce la mia modalità di lavoro, oltre ad essere un oggetto che amo molto.Rappresenta un elemento chiave di qualsiasi scolarizzazione, e crea il presupposto per un legame intimo con le persone locali, per spiegare loro la mia ricerca attraverso questo strumento materiale, forse anche un po’ elementare ma estremamente efficace, e diretto. È utile anche per la mia personale archiviazione dell’esperienza di viaggio fotografico.
Watertanks-Mathare-Nairobi è un progetto complesso, costruito in moltissimi anni di lavoro: la prima serie risale al 2012 con aggiunte fino all’ultima serie watertanks simbolica del 2017 dedicata all’uccisione di un nostro collaboratore, Paul, scomparso durate le elezioni politiche in Kenya del 2017.Watertanks è l’elemento che crea vita, luogo di aggregazione, diventa una piazza, in un contesto che può mutare molto velocemente.”
Le watertanks pur essendo esteticamente poco armoniose, diventano “Oggetti della temporaneità di uno dei posti più poveri al mondo”, descritti non solo nella loro dimensione di racconto sulla miseria ma guardati, ritratti, rivisti come oggetti architettonici.
A che cosa rivolge lo sguardo un fotografo d’architettura?
“Credo che un fotografo d’architettura debba non solo cogliere la bellezza delle architetture, ma anche scavare a fondo in quello è che il racconto della spazio, generando una riflessione sulla spazio stesso con la concreta possibilità di raccontare il tessuto urbano del paesaggio, e con esso anche l’eccezionale paradosso tra forme pure e caos della deriva urbana.
Lavoro molto sul paradosso perché è una modalità antica di racconto, su cui si basa tutta la cultura popolare della terra, e rappresenta anche l’unica maniera di sopravvivere”.
Fotografia di architettura & corporate, racconti di viaggio, quaderni di lavoro si intrecciano nella vita di Filippo Romano per esprimere il paradosso, e mai il punto di vista di un fotogiornalista distaccato, ma un narratore interno, cui piace mescolarsi con le storie delle persone, dei territori, dei mondi dimenticati cui sente di dover dare voce, restituendo loro dignità umana, sociale. Suoi i lavori di documentazione sulla costruzione della nuova sede Feltrinelli di porta volta a Milano, ad opera dello studio Herzog & de Meuron e tutte le fotografie di Iperborea, “The Passengers” dedicate al Portogallo. L’architettura delle Watertanks viene fotografata come fosse un oggetto architettonico, capace di ispirare storie di bellezza, e di valore, anche e soprattutto ai confini del mondo.
La visione del fotografo trasforma il caos urbano in una forma d’arte. Filippo Romano con profonda sensibilità vive in prima persona la narrazione delle immagini che cattura.
Quando hai deciso che saresti diventato un fotografo?
“Ho capito che volevo fotografare perché la fotografia rappresentava per me un gesto privato individuale, una sorta di narrazione accanto al vivere quotidiano, e poi la riconducevo al tema del viaggio con cui ho sempre avuto un rapporto viscerale, urgente. Questa decisione è stata influenzata anche da una mostra, che mi ha avvicinato al mondo della fotografia: nel 1989 ho visto la mostra del fotografo ROBERT FRANK presso la galleria Gottardo, a Lugano, che a cambiato letteralmente
la mia idea di fotografo e le cui immagini mi colpiscono ancora per il loro racconto sugli umani.”
Com’è cambiata la cifra stilistica della tua fotografia negli anni?
“Non mi penso solo come un fotografo ma come un narratore: una persona che indaga, ascolta. Esiste un qualcosa all’origine della mia vita da fotografo che permane nel tempo, si è forse solo trasformato, come il pane che nasce dal lievito madre, legati dallo stesso inequivocabile sapore. Pur essendo le foto diverse tra i primi progetti fino ai più recenti, e cambiato il mio stile, a spingermi rimane sempre lo spirito del viaggiatore, sempre dentro di me, sia su un taxi nella città di Milano sia su un treno per Nairobi.”
A quali progetti stai lavorando?
“Tornerò presto a Pristina e a Nairobi, mentre a Milano attualmente sto lavorando sulle tematiche dell’abitare con la cooperativa Dar Casa, su un lungo racconto fatto di storie dell’abitare sociale nella periferia e nell’HInterland milanese, parallelamente sto lavorando assieme all’amico graphic designer Giacomo Silva al book dummy di Statale 106 che fa parte del corpo di lavoro acquisito lo scorso settembre dal museo della fotografia di Cinisello il Mufoco”.
Quali sono i tuoi prossimi appuntamenti fotografici?
“Il prossimo appuntamento importante è la mostra sulle nuove acquisizioni che dovrebbe essere a Marzo al Museo di Cinisello e parallelamente presenterò il mio libro delle Watertanks in varie città italiane” (Covid permettendo).
La mia chiacchierata con Filippo Romano termina qui, dopo uno scambio vivace, coinvolgente e mai banale con un fotografo poliedrico: racconti visivi autorali e progetti di fotografia d’architettura su commmittenza si alternano con grande originalità nel sito www.filippporomano.it, suggerendo un’indole fotografica attenta, curiosa, sensibile ai dettagli delle forme e alle cromie delicate.
É possibile perdersi nella varietà visiva dei suoi progetti, un pò come quando FR inizia un progetto nuovo. I Suoi progetti fotografici spaziano dalle serie delle Watertanks-Mathare-Nairobi, alle immagini caleidoscopiche, dai colori forti, caratterizzate da atmosfere espressionistiche del progetto New York-Gotham Limbo, ai frammenti di immagini rubati nella metro di Tokyo, fino alla liricità malinconica del percorso Ocean view – San Francisco in bianco e nero.
Particolarmente interessati anche il progetto incentrato sul terremoto di Haiti, e quello dedicato alla Tempesta Vaia.
Tantissimi punti di vista, un unico viaggio nel mondo di un narratore, autore e fotografo.