Potreste parlarmi della mostra, attraverso una serie di aggettivi/immagini, in modo da suggerire e anticipare quello che i nostri lettori scopriranno in galleria?
T14: Nei lavori presentati in galleria, frammenti di fotografie caricate su piattaforme di condivisione online e social network, vengono assemblate in nuove immagini, come fossero pezzi di diversi puzzle, mescolati ed abbinati in un unico tableau.
Un’eco dell’ultimo anno, dove i rapporti virtuali hanno segnato profondamente la nostra quotidianità ed alterato la nostra percezione.
Un Nuovo immaginario quello presentato da Alina, algido e suggestivo, che partendo dall’enorme bacino del web, ricostruisce scenari del quotidiano con delicatezza pittorica, ma senza pennello alla mano.
Innanzitutto, Alina, potresti parlarmi del titolo della mostra (“Abglanz”, in italiano “Riflesso”), e del modo in cui questo può suggerire agli spettatori una chiave interpretativa delle opere esposte?
Alina Marina Frieske: Il titolo Abglanz si riferisce al modo in cui ci presentiamo online sui profili dei social media. Ero interessata alla diffusione di istantanee e autoritratti quotidiani, cercando un modo per riflettere sul materiale a distanza.
Il punto di partenza per i tuoi collage sono immagini che selezioni dall’archivio del web. Qual è il motivo per cui invece la scelta non ricade su immagini scattate da te?
A.M.F.: L’obiettivo era creare un ritratto collettivo e combinare i diversi punti di vista del singolo e della moltitudine. Sono interessata al modo in cui vengono costruite le altre immagini e a cercare punti in comune e pattern nell’utilizzo.
In foto
Installation view: Alina Marina Frieske, ABGLANZ, 2021. T14 Contemporary/Pananti Atelier
L’effetto volutamente sgranato e non definito delle tue opere – il quale ricorda quello delle foto in bassa definizione – produce nello spettatore una sorta di effetto di straniamento. La mancata nitidezza dei lineamenti dei volti umani sembra ricalcare la tematica di un’identità fluida e confusa, e il luogo naturale di questi soggetti sembra essere quello della dimensione onirica. Quale effetto mira a suggerire questo tipo di immagini?
A.M.F.: Si tratta di un’opera che parla di estraneità e familiarità e della difficoltà di distinguerle. Il lavoro si basa sull’esperienza che molti aspetti della vita quotidiana si sono spostati nella sfera digitale, il che fa emergere anche sentimenti di dubbio e incertezza. In questo modo mi interrogo su quando un frammento inizia a mutare il suo significato e diventa qualcos’altro.
La tua ricerca si basa sullo studio dell’intersezione tra fotografia e pittura. In che modo queste due tecniche confluiscono nella tua produzione artistica?
A.M.F.: Dalle fotografie che raccolgo mi concentro su piccoli dettagli che si staccano dalla loro fonte originale. I frammenti stessi si trasformano in una tavolozza o in pennellate. Il lavoro si sviluppa in un arco di tempo più lungo e spesso in azioni ripetitive di ri-fotografia e nuova disposizione.
In foto
Installation view: Alina Marina Frieske, ABGLANZ, 2021. T14 Contemporary/Pananti Atelier