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PREVIEW: PAST di Jacopo Benassi | Francesca Minini

Attraverso una presentazione generale a cura di galleriste, curatori e direttrici di spazi dell’arte e approfondimenti con le parole delle artiste e degli artisti protagonisti di alcune mostre da noi selezionate, PREVIEW vi guiderà in una serie di tour immaginari nelle gallerie milanesi.

In questo nuovo appuntamento abbiamo parlato con Alessandra Minini della Galleria Francesca Minini e con l’artista Jacopo Benassi in occasione dell’inaugurazione della nuova mostra Past (in mostra dal 9 febbraio al 27 marzo 2021).

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Jacopo Benassi, Past, 2021, first room, installation view at Francesca Minini Courtesy the artist and Francesca Minini Ph. Andrea Rossetti

Potresti parlarmi della mostra, attraverso una serie di aggettivi/immagini, in modo da suggerire e anticipare quello che i nostri lettori scopriranno in galleria?

Alessandra Minini: Gli aggettivi con cui descriverei questa prima mostra in galleria di Jacopo Benassi sono sorprendente, inaspettata, curiosa, forte. Past costituirà una vera e propria sorpresa per i visitatori, in particolar modo per coloro che già sono entrati a contatto con il lavoro dell’artista, sia per quanto riguarda la scelta dei soggetti sia per ciò che li aspetterà nella sala finale, che sono certa li colpirà.
C’è una sorta di cortocircuito tra Past e Vuoto, attualmente in corso al Centro Pecci di Prato. In quest’ultima esposizione troviamo la summa della produzione di Jacopo, ed alcuni dei suoi lavori più intimi, mentre in Past converge una nuova direzione. Il risultato è tuttavia fortemente riconoscibile, in quanto l’approccio di Jacopo e l’aspetto formale dei suoi lavori sono sempre gli stessi.
Non vorrei svelare oltre ma mantenere invece un alone di mistero, in modo da invitare i lettori a godere direttamente della sorpresa a cui ho accennato e a visitare questa mostra a mio parere imperdibile.

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Jacopo Benassi, Past, 2021, second room, installation view at Francesca Minini Courtesy the artist and Francesca Minini Ph. Andrea Rossetti

I soggetti protagonisti degli scatti in mostra sono i pesci ed il loro habitat naturale, il mare, l’acqua. Puoi raccontarci in che modo la relazione che intercorre tra te e questo habitat ne ha influenzato il ritratto?

Jacopo Benassi: Quest’anno ho deciso di passare l’estate a Monterosso, dopo diversi anni in cui non ero più stato al mare, e ho comprato una macchina fotografica subacquea. Così ho cominciato a passare le sere a riva, scattando foto ai pesci, con i quali ho cominciato ad avere una sorta di appuntamento fisso.
Immergersi nell’acqua ti permette di avere accesso ad un’altra dimensione, si vedono le cose da un’altra prospettiva, e il risultato nelle foto è che i soggetti risultano ingranditi rispetto a come appaiono se osservati da dietro la maschera.
Sono stati momenti estremamente intimi, di carattere quasi meditativo, il che è strano per me in quanto sono una persona decisamente più portata all’azione e con la tendenza ad avere all’avvio diversi progetti contemporaneamente.

Past è di fatto la tua prima personale in galleria, ed in questa occasione saranno esposti diversi tuoi lavori inediti. In che modo questa esposizione rappresenta un momento di passaggio verso una nuova fase della tua produzione artistica?

J.B.: Gli scatti che ho deciso di esporre da Francesca Minini sono frutto del lavoro di quest’estate, dunque sono stati realizzati in un momento appena successivo alla diffusione del Covid-19 e in cui l’emergenza sanitaria sembrava almeno in parte essersi placata.
Inoltre Past viene dopo la mia esposizione al Pecci, in occasione della quale mi sono ritrovato a dover svuotare tutto il mio studio, per poterlo ricostruire parzialmente nel museo, e questa è stata un’esperienza molto forte per me.
Di conseguenza immergermi nell’acqua, come ad assumere la prospettiva dei pesci, mi ha permesso di vedere la fotografia attraverso un’altra ottica, e l’acqua di per sè rappresenta un elemento purificatore, di riflessione, che apre ad infinite successive possibilità.

Nonostante Past rappresenti un punto di svolta nella tua carriera artistica il bianco e nero rimane una tua impronta stilistica. Quali connotazioni ti permette di imprimere ai soggetti protagonisti dei tuoi scatti?

J.B.: Sono ormai quindici anni anni che faccio solo foto in bianco e nero, perchè è il modo in cui vedo meglio le cose. Il colore invece mi influenzava troppo, condizionava il mio modo di concepire il risultato finale di una foto, portandomi a considerarne una parte interessante ed un’altra meno. Con il bianco e nero invece di una foto mi interessa tutto allo stesso modo, in quanto ne neutralizza gli elementi e li mette tutti sullo stesso piano, e il risultato appare così omogeneo.
Per cui è vero,il bianco e nero continua ad essere presente, ma i veri elementi di novità stanno nell’effetto sorpresa dell’ultima stanza della galleria, a cui ha già accennato Alessandra.

Le foto esposte sono tutte contornate da una di legno cornice scura, in parte bruciata, mentre il vetro che le ricopre presenta due incisioni verticali. Da dove deriva questa scelta stilistica e quali significati reconditi porta con sè?

J.B.: Ho iniziato a bruciare le cornici delle mie foto da un paio di anni, in particolare da quando è iniziata la mia collaborazione con le gallerie, grazie alla quale sono cresciuto artisticamente. Le brucio per scaldarle e a volte le rifinisco con dei colpi di accetta.
Questo gesto mi permette di uscire dal mondo della fotografia per entrare in quello dell’arte contemporanea. Mi piace intervenire sul legno a livello scultoreo, come una sorta di gesto finale, e la stessa cosa vale per le incisioni sul vetro. Si tratta di gesti che prima odiavo, ma di cui ora comprendo le potenzialità. Le bruciature ed i tagli mi permettono di cambiare l’aspetto della fotografia, trasformandola in un’altra cosa, quasi in una scultura, e io divento come una sorta di pittore che realizza pezzi unici, ognuno portatore della sua storia.

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In foto

Jacopo Benassi, Untitled, 2021, fine art print, artist frame, 106×131 cm, Edition 1/3 Courtesy the artist and Francesca Minini Ph. Andrea Rossetti